Pronti per farvi esplodere il cervello con un mystery in cui non si capisce nulla? Su Netflix arriva 1899, una serie tv che mostra tutta l’ambizione di Baran bo Odar e Jantje Friese autori del cult Dark che si è fatto beffe dello spettatore per tre stagioni portandolo in territori assurdi tra salti temporali, connessioni familiari e storie incomprensibili da seguire. Il duo ha portato la loro immaginazione a un livello ulteriore partorendo una serie che si complica man mano che si dipana il racconto puntata dopo puntata. La recensione di 1899 che segue è naturalmente senza Spoiler.
1899 e un bastimento carico di immigrati
L’ambizione di 1899 è palese anche nella scelta del minestrone linguistico presente sulla nave. Giustamente in quegli anni le navi che dall’Europa trasportavano negli Stati Uniti migliaia di persone in cerca di una nuova vita, erano un melting pot linguistico e questo traspare in modo perfetto nella serie che riunisce attori di diverse nazionalità. C’è infatti lo spagnolo di Elite Miguel Bernardeau Duato, il tedesco che arriva da Dark Andreas Pietschmann che qui interpreta il Capitano, il danese Lucas Lynggaard Tonnesen di The Rain, l’inglese Aneurin Barnard di Guerra e Pace e tanti altri volti noti della serialità contemporanea.
Storie e personaggi che si ritrovano confinati su una nave in direzione del “Nuovo Mondo” quando improvvisamente il Capitano decide di invertire la rotta per seguire misteriose coordinate arrivate via telegrafo e che potrebbero essere di una nave scomparsa da quattro mesi. Quello che però troveranno sulla Prometheus non è esattamente quello che pensavano e il loro viaggio sarà completamente stravolto. Non esisteranno più divisioni di classe ma tutti saranno uniti dal desiderio di sopravvivere.
Stupore un tanto al kg o una solida strategia? La recensione
I primi sei episodi di 1899 (su 8 totali) che abbiamo avuto modo di vedere in anteprima per realizzare questa recensione, ci fanno entrare nel vivo del mistero o sarebbe meglio dire dei misteri che percorrono la serie. Misteri che riguardano gli uomini e le donne a bordo della nave, come nella miglior tradizione dei mystery drama da Lost a Westworld. L’ignoto non è semplicemente un fattore esterno ma una parte integrante della vita dei diversi personaggi della serie, i loro segreti, le cose che nascondo fanno parte della narrazione complessiva della serie tv. I personaggi sono il mistero.
1899 si infila nella tradizione dei drammi europei in cui la riflessione, la costruzione dei rapporti interpersonali, prevale sulla frenetica ricerca dell’azione. Tutti elementi funzionali alla costruzione del tono della serie, fondamentale per trasformare 1899 in un accattivante mystery. Ci sono però delle concessioni rassicuranti per lo spettatore che sembrano dettate più dalla piattaforma su cui si trovano (Netflix) che da vere esigenze narrative.
Claustrofobico e ossessivo 1899 scava nelle certezze dello spettatore attraverso sconvolgenti e sorprendenti colpi di scena. Il tentativo di tentare di indovinare quello che sta succedendo è grande, ma come insegna Dark rischia anche di essere un’impresa fine a se stessa. Ma la serie tv ha almeno due grossi rischi che deve superare: non avere una conclusione per un’improvvisa cancellazione soprattutto dopo la seconda stagione e l’eccessivo compiacersi. Consapevoli di essere bravi, di avere un cast di buoni interpreti, gli autori sembrano aver preso la strada dello stupore un tanto al chilo, accumulando notizie senza dare alcun appiglio (o quasi) allo spettatore. Questo talvolta può provocare un effetto respingente, portando a disillusione e disinteresse. La formula da binge-watching di Netflix sicuramente in questo senso aiuta a evitarlo. Voto 7.5