Incredibile come nella storia dell’umanità tantissimi prodotti di intrattenimento ragionino su cosa vuol dire dire la verità, su cos’è la verità e su cosa può fare dirla o non dirla alle persone a noi vicine. Il primo esempio che viene alla mente? Così è se vi pare, l’opera teatrale di Luigi Pirandello. Il secondo? Esattamente in quest’ordine (più o meno, diciamo) A dire il vero, titolo originale You Hurt My Feelings, che arriva nei cinema italiani l’8 febbraio. La pellicola è scritta, diretta e prodotta da Nicole Holofcener con le compagnie di produzione FilmNation Entertainment e Likely Story. In Italia, è distribuito da Vertice 360.
A dire il vero, una storia come tante
Beth e Don sono una coppia di professionisti benestanti e di una certa età, ma si amano ancora moltissimo. Entrambi hanno una carriera affermata. Beth è una scrittrice pubblicata e insegna scrittura creativa. Don è uno psicoterapeuta. Hanno un figlio 23enne che sta cercando la sua strada, e mentre scrive la sua prima sceneggiatura lavora in un negozio di erba legale. La sorella di Beth, Sarah, è una designer di interni mentre il marito Mark è un attore. Quasi contemporaneamente, le loro vite sembrano sgretolarsi sotto le loro mani. Beth non riesce a pubblicare il suo secondo libro, un romanzo. Don riceve lamentele da parte di diversi suoi pazienti. Sarah riconsidera il suo lavoro e Mark viene licenziato. Come se non bastasse, Beth scopre che il suo nuovo libro a Don non piace proprio, e che i suoi inviti a perseverare e a inviarlo ad altri agenti erano, dunque, falsi. Lo prende come un tradimento, ma affrontando le bugie scopre tante cose sul suo passato e anche sul suo presente, ed è costretta a guardarsi dentro.
A dire il vero, cosa vuol dire essere una coppia?
Questa dramedy understated, divertente e arguta ci chiede: cosa vuol dire essere una coppia? Esistono le bugie a fin di bene? In che modo i nostri traumi passati influiscono sul nostro presente, rendendoci insicuri? Tutto funziona, tutto si mette al suo posto. C’è la nevroticità di Beth, che deve deostruire ulteriormente il senso di se stessa per essere una madre e moglie migliore, non più così concentrata su se stessa. C’è la passività di Don, che però è anche razionale e ragionevole, e forse ha bisogno di una spinta per essere più coraggioso anche sul lavoro, per trovare la sua scintilla. Lo stesso figlio si dimostra un perno perfetto per i due genitori, che hanno bisogno di una svegliata. Le dinamiche, poi, si riversano anche sulla seconda coppia, quella formata da Sarah e Mark, attore fallito che ha bisogno che qualcuno creda in lui.
La perdita di centralità
Non solo riflessione sulla coppia e sulla verità, anche qualcos’altro. Sembra che questi personaggi di mezza età facciano molta fatica ad accettare di non essere più al centro del mondo. L’avvicendarsi delle generazioni non è sempre facile, soprattutto per una generazione privilegiata come la loro. E allora, bisogna lavorare nell’accettare questa decentralizzazione, capire cosa vuol dire mettersi da parte, anche a scapito dell’ego, che dipende soprattutto dall’approvazione esterna.
Il cast
Julia Louis-Dreyfus è Beth, scrittrice nevrotica che prende le parole di Don sul personale. Tobias Menzies è Don, che non riesce ad agire attivamente sul suo lavoro. Michaela Watkins è Sarah, sorella di Beth, frustrata con le sue clienti ricche e giovani. Arian Moayed è Mark, marito di Sarah e attore un po’ fallito. Nel cast anche Owen Teague (Elliott) e Jeannie Berlin (Georgia).
A dire il vero, commedia arguta su cosa vuol dire invecchiare - La recensione
La recensione
Questa dramedy understated, divertente e arguta ci chiede: cosa vuol dire essere una coppia? Esistono le bugie a fin di bene? In che modo i nostri traumi passati influiscono sul nostro presente, rendendoci insicuri? Tutto funziona, tutto si mette al suo posto.
Voto:
7.5/10