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L’arte della Gioia su Sky è uno squarcio nel conformismo della serialità contemporanea – La recensione

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L’arte della Gioia è la serie di Valeria Golino, tratta dal romanzo uscito postumo di Goliarda Sapienza che fece scandalo e che nessuno voleva pubblicare negli anni ’70. Un romanzo che ha avuto un lunga gestazione, scritto a mano da Goliarda Sapienza tra il 1967 e il 1976, pubblicato in parte nel 1994 da Stampa Alternativa, poi in Germania e in Francia e infine completo nel 2008 da Einaudi. Perché la libertà incontrollabile e incontrollata fa paura, perché se ci sono di mezzo storie di suore magari non proprio così devote, diventa difficile non scontentare qualcuno.

Ed è così che anche immaginare un adattamento di questo romanzo era difficile. Durante la presentazione alla stampa della serie in vista dell’uscita su Sky del 28 febbraio, Valeria Golino ha sottolineato più volte come solo con Sky si potesse fare un prodotto del genere. Ed è decisamente una frase condivisibile guardando al prodotto finale, complesso, libero, quasi brutale nel suo squarciare un velo di perbenismo con un’eroina a-morale, perché priva di ogni moralità. Modesta è cresciuta nel rifiuto, nel brutto, nella brutalità, non ha conosciuto altra forma d’amore se non per interesse. Per questo capisce presto quello che il suo corpo può portarle, come sfruttarlo a proprio vantaggio.

L'arte della gioia

La serie si appoggia sulla prima parte del romanzo di Goliarda Sapienza anche per questo, potenzialmente, potrebbe esserci un secondo capitolo. Durante la presentazione i vertici di Sky Studios sono rimasti vaghi parlando di una possibilità da valutare. Certo c’è sempre da sottolineare l’aspetto pratico di una possibile difficoltà di incastrare una seconda stagione di una serie girata due anni fa, con gli impegni dei vari attori. Al tempo stesso le sei puntate di L’Arte della Gioia sembrano effettivamente la prima parte di un racconto che ha un respiro più ampio. Quel finale che è indubbiamente un finale (quindi non preoccupatevi) è al tempo stesso l’avvio di una nuova fase della vita di una ragazza diventata donna che ha, apparentemente, quello che ha sempre cercato.

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Modesta è magnificamente interpretata da Tecla Insolia che è stata abile a restituire in un solo sguardo la malizia sottesa, la tracotanza, la sofferenza, i dubbi di una ragazza che non sa nulla ma al contempo sa tutto. Nessuno sembra in grado di leggere dietro la maschera di Modesta, tranne Carmine (Guido Caprino), il mezzadro della principessa Brandiforti, che sembra capirne ogni mossa, forse per un’origine contadina comune. Modesta attraversa le vite degli altri travolgendole e distruggendole. Riesce sempre a trovare una soluzione a ogni problema, usando il corpo come un’arma a proprio vantaggio. Non conosce il piacere, non ha mai provato un affetto vero, Modesta sa che il suo corpo è una merce che altri vogliono e usa la sua seduzione per crearsi una vita.

Nemmeno la principessa Brandiforti, cinica aristocratica interpretata divinamente in tutta la sua follia da Valeria Bruni Tedeschi, riesce a contenere la frenesia di questa giovane che dovrebbe incarnare lo stereotipo dell’umile e sottomessa e che in realtà si trasforma in un’eroina spietata che si fatica a non amare. Al punto che il pubblico si domanda se sia lecito provare affetto, tifare per una persona dolorosamente pessima, priva di ogni morale o freno.

In un panorama seriale sempre più appiattito su schemi già visti, in cui anche HBO, da sempre baluardo di una serialità d’autore, sembra cedere al desiderio di appiattirsi sui gusti di un pubblico incapace di approfondire, di scoprire qualcosa di nuovo, Sky Italia prima con M e poi con L’arte della gioia propone qualcosa di dirompente da un punto di vista narrativo, visivo, contenutistico. Per quanto si comprenda l’esigenza di valorizzare questi prodotti costosi con passaggi nei festival cinematografici, con uscite al cinema, sarebbe importante evitare costantemente di parlare di “qualità da film”, di definirli “film” come se realizzare una serie tv fosse qualcosa di minore e negativo del valore artistico di un prodotto. Anche perché per la sua costruzione in capitoli e per lo sviluppo delle puntate, L’arte della Gioia è profondamente un racconto seriale. E non deve essere un limite dirlo.

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Sono tanti i temi di cui si potrebbe parlare legati a L’Arte della Gioia, la speranza con questa recensione è di spingervi a guardarla.

L'arte della gioia

L’arte della gioia è l’essenza del piacere come strumento di conquista e potere. Una serie potente, visivamente efficace, profonda, complessa, spiazzante, che va oltre ogni convenzione e convinzione.

Voto:

8/10
8/10
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