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Babylon, Damien Chazelle presenta il film: “Il cinema cambia per vivere”

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Damien Chazelle, 38 anni in questi giorni e già un Oscar in mano per La La Land, il più giovane regista della storia a vincere l’ambita statuetta, è sbarcato a Roma per presentare il suo nuovo film, Babylon, dal 19 gennaio al cinema con Paramount Pictures. Un film in cui torna a raccontare Hollywood ma non più in modo sognante come la precedente pellicola, ma facendo emergere tutto il marcio della Fabbrica dei Sogni.

Babylon, Damien Chazelle a Roma: “Il cinema deve cambiare ciclicamente per sopravvivere”

Per la storia, come ha detto all’incontro con la stampa romana, Damien Chazelle ha attinto anche da registi italiani come Federico Fellini e la sua Dolce Vita. Anche per questo era eccitato all’idea di essere proprio a Roma a presentarlo, dopo l’uscita americana: “Volevo presentare questo periodo della storia di Hollywood attraverso il prisma del lavoro e del divertimento. Offrire una panoramica della società dell’epoca. Raccontare le feste, il dietro le quinte, i set, i sogni spezzati, la politica, e così via”.

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Dallo Chazelle sognatore di La La Land passiamo a quello forse disilluso di Babylon. “In comune coi miei personaggi ho una grande passione. C’è qualcosa di mio in ognuno di loro, magari riflettono come mi sentivo in periodi diversi della mia vita. Prima Mia e Sebastian, poi Jack e Nellie, preferisco scrivere personaggi che indirettamente parlino di me. C’è molto di me anche in Manny e in Sydney e Lady Fay Zhu”.

Sicuramente il cinema è cambiato dagli anni ’20 raccontati nel film, compreso il passaggio dal muto al sonoro, e forse nel processo ha perso qualcosa: “Credo che si sia persa un certo tipo di libertà ma è comprensibile perché alcuni aspetti erano legati alla novità di Hollywood e i film erano considerati una forma volgare di arte, sempre che fosse considerata arte. Los Angeles era una città folle in mezzo al deserto, vista come frontiera del Wild Wild West. I cineasti si creavano le regole da soli, come i pionieri. Oggi possiamo imparare molto da quel periodo, dato che non abbiamo vissuto in un periodo più moralista, più puritano, più conforme e pieno di paura. Gli artisti devono combattere questo e rivendicare quella libertà soppressa e repressa. Ho capito l’importanza del film mentre lo scrivevo. Quindici anni fa ho iniziato a scriverlo e Hollywood è cambiata molto nel frattempo. Purtroppo non penso in meglio”.

“Un film controverso che deve far discutere”

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damien chazelle babylonIl film cambia dalla prima alla seconda metà e quest’idea era nella sceneggiatura fin dall’inizio, come conferma Chazelle: “Doveva cambiare di tono e genere, perfino di stile, come la società dell’epoca, da commedia a tragedia, scrivendolo è diventato qualcosa di più cruento e quasi horror addirittura, con l’arrivo del personaggio di Tobey Maguire. Una sorta di risposta al party della prima scena. La caduta dopo l’ascendere alle stelle, il discendere nell’inferno come Dante. Spero farà riflettere il pubblico su cosa sia quella discesa nell’abisso”.

L’accoglienza negli Usa non è stata molto buona né a livello di critica né di pubblico: “Sapevo che il film avrebbe scomodato più di qualcuno, volevo provocare spingendo qualche pulsante, andare contro quello che la gente poteva aspettarsi dai miei precedenti lavori. È stato difficile trovare un posto per farlo, in questo caso i Paramount Studios. Sapevo che sarebbe stato un film in cui si sarebbero polarizzate le critiche. Nessuno però mi ha mai fatto pressioni per giungere a un compromesso, filtrarlo, annacquarlo. Penso che altrimenti non l’avrei mai fatto. Di solito i film di quell’epoca celebrano Hollywood e basta, questo era importante fosse uno shock e guardasse l’altro lato della medaglia, quello marcio. Mi rende ancora più grato per essere più riusciti a farlo”.

E in Italia e in Europa? “Speri sempre che il film trovi un suo pubblico, spero che anche in Europa e Italia faccia animare la gente e la faccia discutere, faccia rumore e non venga facilmente dimenticato. Da filmmaker penso che il film una volta che è finito e mandato al mondo non è più mio ma del pubblico e in qualsiasi modo lo prendono è quello giusto. Bisogna lasciarlo andare e c’è una certa libertà in questo. Penso che i Director’s Cut non abbiano molto senso per questo. Come lasciar andare un figlio che va a vivere da solo, anche se cerchi di controllarlo in qualche modo”.

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I premi vinti – non solo l’Oscar, anche 2 Golden Globe e un BAFTA – non hanno cambiato la vita personale del giovane regista ma piuttosto quella professionale. Come l’opportunità di fare Babylon, da parte di qualsiasi studios: “Hanno aperto porte e aiutato sicuramente, e ne sono grato. Margot Robbie è una forza della natura, affamata e coraggiosa fino in fondo. Pensa che ogni ruolo sia un animale e quindi recitare sia selvaggio. Allo stesso tempo è estremamente disciplinata, può fare 12 take di seguito con le lacrime che scendono da un diverso occhio del viso [proprio come il suo personaggio nel film, ndr]. Io ho dovuto solo creare un ambiente dove si sentisse protetta e supportata e dove potesse esprimere al massimo se stessa. Devi trovare un interprete che sia disposto a provare e improvvisare anche take che non funzioneranno e verranno tagliati. Lei è una di quelli e sono rari”.

Babylon, Damien Chazelle e il futuro del cinema: “È dal 1899 che si dice che il cinema sta morendo”

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Tobey Maguire plays James McKay in Babylon from Paramount Pictures.
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Damien Chazelle ha concluso l’incontro con la stampa romana parlando del passato e soprattutto del futuro della settima arte: “Penso fosse importante cercare di mostrare ciò che spesso Hollywood cerca di nascondere sotto il tappeto, della propria storia. Oggi che il cinema è molto più rispettato e prestigioso, ci si dimentica di come molti film venissero realizzati all’epoca, in modo quasi pornografico. Il DNA del film doveva quindi avere una volgarità e uno sporco per esprimere questa storia e quel periodo. La reputazione che il cinema aveva all’epoca è individuabile già nel titolo Babylon: il vizio e il peccato biblici, Sodoma e Gomorra, costruire una nuova Babilonia, un nuovo Impero. Era un’arte creata da emigrati, reietti, criminali per una nuova industria in espansione, con gente povera che improvvisamente aveva più soldi di chiunque nel mondo. Questo spiega l’isteria e la follia che circondava il tutto. Ciò che mostriamo nella pellicola è spesso un po’ edulcorata a ciò che accadeva in realtà (ride)”.

Il film si conclude nel 1952 con la proiezione di Cantando sotto la pioggia: “Molti all’epoca pensavano che la televisione avrebbe soppiantato il cinema, c’era ansia per la novità come oggi per le piattaforme. Il cinema non è morto, è solo dovuto cambiare, la tv è cresciuta, oggi siamo forse nella stessa situazione. Il sistema degli Studios è morto ed è stato sostituto da qualcosa di diverso. Mi rende ottimista che un certo modo di fare film continui ma lo streaming crescerà. Questa è la storia di Hollywood che forse si ripete: è un’industria che deve cambiare costantemente, è forse dal 1899 da Lumiere che sentiamo dire che il cinema morirà se ci pensiamo un attimo. Morte e rinascita. Questo mi da ottimismo anche se capisco che crei anche ansia e frustrazione”.

Infine su nuove tecniche come il 3D: “Penso che il 3D possa essere una strada interessante, uno dei tanti strumenti che possiamo utilizzare oggi per creare una diversa esperienza cinematografica. Come il cinemascope e il widescreen negli anni ’50 per far tornare la gente in sala. O il sonoro e il colore, che sono rimasti. Nel futuro troveranno altri modi per differenziare l’esperienza, modi che oggi nemmeno possiamo immaginare. Per strumenti particolari come il 3D dipende nelle mani di chi sono, se consapevoli come quelle di James Cameron o altri meno avvezzi. Il cinema in fondo, ce lo dimentichiamo spesso, è una forma d’arte relativamente giovane e mi piace pensare che siamo ancora agli inizi e che il cinema abbia tutta la vita davanti”.

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