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Bardo su Netflix un film grandioso ma inconsapevole – La recensione

Bardo

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Alejandro G. Iñárritu è tornato e non vuole fare prigionieri e forse neanche amici. Il suo ultimo film, Bardo – La cronaca falsa di alcune verità, è sbarcato prima al cinema per una settimana e ora su Netflix. A differenza di Glass Onion, però, non siamo sicuri che questo sia un film adatto ai cenoni in famiglia. Scritto da Alejandro G. Iñárritu e Nicolás Giacobone e prodotto da M Productions e Redrum, Bardo è un film complesso, fortemente cinematografico, da un certo punto di vista spettacolare e grandioso ma anche difficile, stratificato e certamente non perfetto. Riuscirà nonostante tutto (e data anche la notorietà del regista Premio Oscar) a inserirsi nella Top Ten di Netflix? Non riusciamo a prevederlo.

Un viaggio nel viaggio, il cinema nel cinema: Bardo, la trama

Silverio Gama è un giornalista messicano che ormai 20 anni fa ha deciso di trasferirsi con la famiglia a Los Angeles. Nel frattempo, è diventato un professionista autorevole, un documentarista d’inchiesta, un simbolo del Messico e della ribellione al sistema, sempre al fianco degli sfortunati e dei deboli. Ecco perché verrà premiato con un prestigiosissimo (e anche statunitensissimo) premio. Parte da queste premesse la trama di Bardo su Netflix.

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Alla vigilia della cerimonia di premiazione, che si tiene proprio a Los Angeles, Silverio torna con la sua famiglia in Messico, e affronta i fantasmi del passato e le contraddizioni del presente. Il Messico lo attira e lo respinge contemporaneamente, e non riesce a conciliare la sua sempre crescente popolarità (proprio all’interno del sistema che tanto critica e ha criticato ma di cui beneficia), e la sua vecchia voglia di ribellarsi. Le contraddizioni si affastellano, la realtà diventa inseparabile dalle allucinazioni e dalla creazione cinematografica. Dopotutto, è un docufiction nel docufiction.

La consapevolezza è tutto – La recensione voto 7

Bardo è un film che parla di film. O meglio, è un’impresa cinematografica romanzata che parla di imprese cinematografiche romanzate. Un’operazione onirica che pesca a piene mani dal realismo magico per parlare di creazione artistica e del suo rapporto con la realtà e con l’uomo-artista. L’uomo-artista è Silverio Gama, demiurgo platonico che crea e distrugge, che manipola la realtà e si trascina nella fluidità indistinta del vero e del non vero, della vita e della rappresentazione della vita, che però dalla vita a questo punto è distante almeno 4 gradi di separazione. Una pellicola di meta-cinema, o in assoluto di meta-arte, se vogliamo. Perché pur essendo presentato come un film sulla casa, sui luoghi, sul passato e sulle contraddizioni del Messico, e pur probabilmente volendo essere tutto questo, Bardo si stratifica e si specchia all’infinito, finendo per diventare un film autoreferenziale, perdendo in spinta esistenziale e concreta e implodendo sulle sue premesse. Se sembra complesso è perché lo è.

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Come gli autori novecenteschi che, nelle prefazioni e postfazioni delle loro opere, cercavano sempre di mettere le mani avanti e di rispondere preventivamente alle eventuali critiche, Bardo si sbrodola addosso per quasi 3 ore, giustificandosi continuamente ma anche proseguendo testardo sulla sua strada. É un film di cui è difficile parlare, è quasi saggistico. Nel suo arrotolarsi su se stesso (e va detto che le immagini sono grandiose, Bardo riempie gli occhi e la mente), diventa senza saperlo un trattato sull’ego dell’artista uomo (e per uomo intendiamo maschio) e dei suoi modi di fare i conti con se stesso e con la realtà, una sorta di grandiosa operazione di auto-referenzialità. Bisogna essere pronti.

Il trailer

Il cast

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Silverio Gama, potenza creatrice e protagonista di Bardo, è interpretato da un ottimo e affascinantissimo Daniel Giménez-Cacho García. La compagna di sempre e la madre dei suoi figli, Lucia, è interpretata da Griselda Siciliani. I figli, Lorenzo e Camilla, sono rispettivamente Íker Sánchez Solano e Ximena Lamadrid.

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