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Cosa unisce la serie The Woman in the Wall al film Piccole cose come queste

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Nel XIX secolo, in Inghilterra e Irlanda sorsero le Case Magdalene, istituti femminili che “accoglievano” ragazze orfane, madri o ex prostitute, ritenute “immorali” per la loro condotta considerata peccaminosa o in contrasto con le norme della società dell’epoca. A partire dal 1922, la maggior parte di questi istituti vennero gestiti – per conto dei governi irlandesi – da suore appartenenti a diversi ordini religiosi della Chiesa cattolica, e dalla stessa finanziate, co-gestite e controllate. Inizialmente avevano il solo scopo di accogliere e reinserire nella società, ma ben presto diventarono luoghi dove le “ospiti” erano costrette a svolgere lavori estenuanti (come il lavaggio del bucato, da cui gli ordini religiosi traevano grossi profitti): le donne lì rinchiuse contro la propria volontà, vivevano sotto gli ordini di suore sadiche che le costringevano a lavorare fino allo stremo delle forze nelle lavanderie, tra abusi psicologici, punizioni severe e regole spesso disumane. Tra loro c’erano madri nubili spedite lontano dalla società delle famiglie bigotte, giovani incinte costrette a partorire negli istituti e private dei loro figli poco dopo, donne incolpate di essere troppo appariscenti o non abbastanza remissive. Tutte trattate come le streghe sul rogo.

Le Case Magdalene rappresentano uno dei periodi più bui della storia irlandese, durato più di settant’anni: settant’anni di orrori perpetrati dalla Chiesa cattolica sui corpi e le menti delle donne e dei bambini irlandesi. All’inizio degli anni ‘90, in una di queste case vennero ritrovati i resti di oltre centocinquanta ragazze: ciò sconvolse l’opinione pubblica, colpevole in parte di aver chiuso gli occhi di fronte a una situazione ben nota. Dalle Case Magdalene in quei settant’anni, nacquero le Magdalene Laundries, le lavanderie dove le donne erano costrette ai lavori forzati, e le Mother and Baby Homes, gli “istituti” dove venivano mandate a partorire le ragazze rimaste incinte fuori dal matrimonio.

In questi luoghi oscuri, la società irlandese celava e castigava i propri peccati. Dal 1922, il 25 settembre 1996 chiuse l’ultima laundries in Sean MacDermott Street a Dublino, ma solamente nel 2013 e dopo l’intervento della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, il governo di Dublino ha deliberato 60 milioni di euro alle vittime di questo sistema di sfruttamento. A marzo 2014 si contavano circa 600 donne sopravvissute, molte delle quali nel frattempo avevano denunciato i soprusi e le violenze subite.

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Prima di arrivare ai giorni nostri, due film avevano raccontato questa triste parentesi della
storia irlandese: Magdalene di Peter Mullan nel 2002 (Leone d’Oro a Venezia quell’anno)
e Philomena di Stephen Frears (miglior sceneggiatura 2013 sempre a Venezia). A settembre 2023, a due mesi dalla sua scomparsa, esce invece un brano di Sinéad O’ Connor che riflette il dolore legato alla perdita di un figlio e attinge dalla sua esperienza in un istituto simile, dall’età di 15 anni. Il brano, “The Magdalene Song”, viene presentato in anteprima nell’episodio finale della serie tv The Woman In The Wall della Bbc.

Paramount+ gennaio
The Woman In the Wall,Lorna Brady (RUTH WILSON),Motive Pictures,Colin Barr

Questa miniserie in 6 episodi da un’ora circa ciascuno, esce in Italia a gennaio 2024 sulla piattaforma streaming Paramount+, e racconta la storia, ambientata nel 2015 a Kilkinure, County Mayo, di Lorna Brady, una donna rinchiusa per anni in una Casa Magdalene, dove partorì una figlia che le fu strappata dalle braccia dopo pochi giorni, e data in adozione a
una famiglia a lei ancora oggi sconosciuta. Nel 2015 Lorna ha quarant’anni circa e non ha mai dimenticato Agnes, sua figlia, che cerca da sempre, senza successo.

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Oggi lavora in una sartoria, si mangia le unghie, vive di snack, beve troppo e soffre di sonnambulismo: la notte gira per la cittadina in vestaglia, soffre di allucinazioni a causa del mancato sonno, e viene trattata da tutti come la pazza del paese. Quando trova il cadavere di una donna apparentemente sconosciuta in una delle stanze di casa sua, la discesa agli inferni per Lorna, sarà dura da frenare. Sulla strada incontrerà e farà squadra con il detective Colman Akande, di Dublino, nato in una Mother and Baby Homes, che dopo l’incontro con lei si ritroverà così a indagare su un caso che riaprirà vecchie ferite dimenticate.

Un’immensa Ruth Wilson (Luther, The Affair), affiancata dal bravissimo Dylan
McCormack (Bad Sisters), presta il volto a Lorna, e al suo viaggio alla riscoperta di sé e
al ritrovamento di sua figlia, in una serie tv riuscitissima e convincente che è prima di tutto una serie di denuncia e accusa politica, che non si lascia trascinare nella deriva della follia della protagonista, ma anzi, pone delle solide basi per la sua redenzione. The Woman in the Wall ha il grande pregio, oltre alla Wilson davvero magnetica in questo ruolo, di mixare e bilanciare sapientemente diversi generi narrativi, dal gothic al thriller psicologico, dal mystery al drama, prendendo spunto da fatti realmente accaduti, romanzandoli per il piccolo schermo.

Il risultato è una serie tv – di cui si è parlato troppo poco – convincente, solida e molto dark, che attinge alla cultura del folklore irlandese (banshee, case che sembrano infestate e fantasmi) per raccontare il viaggio introspettivo e fisico di Lorna, tra mondo onirico e reale, tra incubi e speranze, alla continua ed estenuante ricerca della verità e della ragione.

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Sul finire del 2024, la triste e drammatica storia delle donne rinchiuse nelle Case Magdalene, è stata ulteriormente esplorata in una pellicola molto apprezzata dalla critica, Small Things Like These (in italiano Piccole cose come queste), con protagonista Cillian Murphy, film prodotto da Matt Damon e Ben Affleck e diretto da Tim Mielants, regista belga con il quale Murphy aveva già lavorato in Peaky Blinders. Lo sceneggiatore, Enda Walsh, ha realizzato il soggetto attingendo al romanzo “Piccole cose da nulla” di Claire Keegan (pubblicato nel 2022 da Einaudi), già autrice di The Quiet Girl, da cui è stato tratto l’omonimo film candidato all’Oscar.

In questo caso la storia, ambientata nel dicembre 1985 in un paesino rurale irlandese, è quella di Bill Furlong (Cillian Murphy), commerciante di carbone, un uomo taciturno che parla solo se strettamente necessario, e dal passato doloroso, segnato da enormi perdite. Vive una vita caratterizzata da una routine lineare, contraddistinta dai viaggi a bordo del furgoncino per consegnare il carbone e dai momenti trascorsi in casa con la moglie Eileen (Eileen Walsh) e le loro cinque figlie. Durante i giorni che precedono il Natale, cominciano a riaffiorare nella sua mente i drammatici ricordi che hanno segnato la sua infanzia. Un passato che non si dimentica, una ferita troppo profonda per rimarginarsi, che torna a fargli visita quando scopre un terribile segreto nascosto nel convento di New Ross, diretto da Suor Mary (Emily Watson) e si imbatte in una delle giovanissime ragazze lì richiuse e costrette alle peggiori torture.

Piccole cose come queste
Small Things Like These. Photo Credit: Enda Bowe
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Small Things Like These dura solo 94 minuti, ma difficilmente si riesce a smettere di pensarci una volta usciti dalla sala: la durata è contenuta, il ritmo volutamente lento, non ci sono colpi di scena o improvvisi stravolgimenti, i dialoghi sono pochissimi e solo i flashback sull’infanzia di Bill animano un po’ il montaggio. La storia però è potente, struggente ed estremamente realistica e pone personaggi e spettatori di fronte a una questione morale: fingere di non veder ciò che accade in quegli istituti, o fare qualcosa, anche solo un piccolo gesto per provare a cambiare le cose?

Ecco, Bill è un uomo semplice che sceglie di fare la differenza nonostante tutti gli sconsiglino di farlo: nonostante Suor Mary tenti di corromperlo con del denaro, la moglie lo implori di farsi i fatti suoi e altre persone a lui vicine lo redarguiscano di guardare da un’altra parte. I comprimari vogliono fingere di non sapere, contribuendo a segnare la coscienza collettiva irlandese, Bill crede invece che unire le forze, aiutare chi è in difficoltà e combattere le ingiustizie, sia l’unico modo per sopravvivere in questo mondo. Eccellente Murphy in questo ruolo, a confermare quanto gli basti uno sguardo, una particolare inflessione della voce o della mimica facciale, per dare vita a personaggi intensi, credibili e con i quali empatizzare.

Sia The Woman in the Wall che Small Things Like These puntano alla disamina sociale, politica e religiosa, ed entrambe riescono nell’obiettivo, portando lo spettatore nei meandri di una storia oscura e raccapricciante, resa tale soprattutto dalla veridicità degli eventi raccontati. In entrambi l’Irlanda che vediamo non è quella dei prati verdi e cieli blu, ma quella rurale, fredda, umida, difficile e costretta sotto una pioggia quasi incessante, come la vita di Lorna e Bill.

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