Quando si parla di giovani registi esordienti, in Italia, si deve fare i conti con quarantenni che hanno già decine di anni di esperienza nel cinema e nello spettacolo alle spalle. Non fa eccezione Giacomo Abruzzese, classe 1983, sceneggiatore e fotografo noto soprattutto per documentari e cortometraggi, che ha portato alla Berlinale Disco Boy, affascinante e ambiziosa pellicola anti colonialista, suo esordio al lungometraggio e che ha anche sceneggiato.
Si tratta dell’unico film italiano in concorso, anche se per amore di onestà è una produzione più che italiana, una collaborazione tra Italia, Francia, Belgio e Polonia. Se siete curiosi, è disponibile nelle sale italiane a partire dal 9 marzo, distribuito da Lucky Red. Tenetevi pronti a un’esperienza multisensoriale colorata, dura, cruda, sensuale. Questo è molto altro è Disco Boy. Da segnalare una colonna sonora altrettanto interessante e sensuale, firmata dalla stella della musica elettronica Vitalic.
Disco Boy, due vite che si intrecciano
Aleksei è un orfano bielorusso che è deciso, insieme a un suo caro amico di infanzia, a oltrepassare i confini francesi in maniera clandestina. Arriva in Francia da solo, distrutto dal lutto per aver perso il suo unico compagno, e con una sola e unica possibilità: arruolarsi nella Legione Straniera per ottenere, dopo un periodo di missioni rischiosissime per una nazione di cui non gli importa nulla e che non si interessa assolutamente a lui se non per la sua capacità di correre, lottare e uccidere, la cittadinanza e un nuovo nome. Jomo è un giovane rivoluzionario, che è presto diventato il capo del suo villaggio nel delta del Niger e che da lì vuole combattere contro il neocolonialismo europeo e contro il modo in cui la sua casa è stata sfruttata e distrutta dalle compagnie petrolifere, con atti violenti e di rappresaglia. Sua sorella, Udoka, tenta da anni di fuggire, senza risultati.
Quando Jomo e la sua squadra di guerriglia prenderanno in ostaggio degli uomini francesi, le strade di questi due uomini, diversi ma vittime delle stesse logiche di prevaricazione, si incroceranno in maniera fisica ma anche sovrannaturale, in un viaggio onirico e incomprensibile, che non chiede di essere capito ma solo di essere seguito, abbandonandosi alla narrazione e alla danza.
Disco Boy, un esperimento complesso e ambizioso
Disco Boy non è un film facile, ma non per questo non vale la pena provarci. Bisogna, sicuramente, sospendere l’incredulità. A una prima parte di pellicola dura, senza fronzoli, tutta spigoli, che racconta senza sconti queste due vite così diverse ma anche così simili, segue, dopo l’evento culmine, una seconda e ultima parte di narrazione che abbandona ogni pretesa di senso e di realtà, un trip fluido di scambi intracorporei, di trasformazione.
Cosa fa alla mente e al corpo l’atto dell’uccidere? Cosa fa il mondo ai meno fortunati, in Europa e in Africa? Le anime si fondono, si muovono, trasmigrano. Aleksei è sopravvissuto, ma qualcuno altro vive in lui e attraverso di lui. Una prima prova conturbante che merita attenzione, ambiziosa e più complessa di quello che si potrebbe percepire a un primo sguardo, che va oltre la critica (comunque ben strutturata) per offrire qualcosa che oltre che significativo è anche bello e interessante da vedere e da sentire.
Il trailer sottotitolato in italiano
Il cast
Torna quello che sempre di più si sta imponendo come poster boy del cinema indipendente, Franz Rogowski, che interpreta proprio Aleksei e che avevamo visto in Freaks Out ma anche in Great Freedom, su MUBI. Accanto a lui l’esordiente Morr Ndiaye, nei panni di Jomo, l’artista attivista Laëtitia Ky, in quelli di Udoka, e Matteo Olivetti.
La recensione
Una prima prova che merita attenzione, ambiziosa e più complessa di quello che si potrebbe percepire a un primo sguardo, che va oltre la critica (comunque ben strutturata) per offrire qualcosa che oltre che significativo è anche bello e interessante da vedere e da sentire.
Voto:
8.5/10