Dying for Sex è la nuova serie dramedy disponibile su Disney+ dal 4 aprile in contemporanea con gli USA su HULU. Una produzione 20th Television e Wondery con Michelle Williams nei panni di Molly, una donna che intorno ai 40 anni dopo la diagnosi di un cancro al quarto stadio, decide di mollare il marito e di vivere una forma di risveglio sessuale tardivo. La storia è ispirata a quella della vera Molly raccontata in un podcast dall’amica Nikki Boyer. Elizabeth Meriwether è la showrunner della serie composta da 8 episodi da 30 minuti circa.
Dying for Sex, la recensione: ridere si può
Se c’è una cosa che il cinema, le serie tv, la letteratura ci hanno insegnato (tra le tante) è che si può ridere di tutto, anche delle tragedie. Certo magari c’è chi storce il naso, chi pensa ci siano argomenti di cui non si può parlare e tanto meno ridere e sorridere, ma per fortuna c’è anche tanta gente che va oltre il pietismo moralista abbracciando la vita con la giusta dose di sarcasmo. E poi c’è anche chi, come Dying for Sex trova il giusto equilibrio facendo ridere e sorridere della malattia senza mai esagerare da un lato o dall’altro.
La serie dramedy sceglie fortunatamente la via di una formula breve con puntate da 30 minuti che scivolano via veloci, per raccontare questa storia tragica, potente, divertente. Dying for Sex è un’esplosione di vita avvolta nel guscio di un tragedia inimmaginabile. Di fronte a una diagnosi fatale Molly sceglie di vivere gli ultimi istanti che le sono rimasti provando a vivere piuttosto che piangersi addosso. Inizia così a esplorare una sessualità che non aveva mai visto prima, prendendo di petto quella crisi matrimoniale iniziata con la prima diagnosi di cancro che pensava di aver superato.
Attraverso i pensieri di Molly sfatiamo tutti i preconcetti che si possono avere sulla malattia, impariamo tutto quello che non bisognerebbe dire e fare davanti a una persona malata. Quell’istintuale pietismo che soffoca chi vorrebbe esistere oltre un cancro che non ti definisce. Michelle Williams si inserisce prepotentemente nella corsa ai vari premi da miglior attrice in una comedy di questa stagione, regalando colore e spessore a questo viaggio di scoperta di Molly. La serie però ha il limite di concentrarsi troppo su questa specifica vita di Molly, non mostrando quello che era prima, evitando anche di soffermarsi troppo su come era arrivata a questo punto della sua esistenza. Dying for Sex rientra nella categorie di serie piacevoli, leggere, scorrevoli ma che dicono anche qualcosa. Voto 7 Riccardo Cristilli

Una serie sincera, intelligente e tagliente
Gli occhi di Michelle Williams sono lo specchio di questa serie: profondi, malinconici, spaventati, a volte elettrizzati. Dying for Sex è la cartina tornasole delle emozioni della sua immensa eroina, capace di non risultare mai esagerata, fuori luogo o melensa, spalleggiata da una sensazionale co-protagonista, Jenny Slate, vera e credibile in ogni momento. Una serie femminile, scritta, creata e interpretata da donne, senza lo zampino di autori che amano fare mansplaning su certe tematiche, e il risultato si vede.
La storia funziona dal primo all’ultimo minuto, forte di un cast notevole e di una durata che non rischia di annoiare o risultare ridondante: le risate si mischiano alle lacrime, il dramma della vita incontra la commedia (seppur quasi sempre amara) in un connubio ben calibrato e armonioso.
Dying for Sex è una serie onesta, per nulla pretenziosa, bella così com’è: senza peli sulla lingua, senza retorica, secca, diretta, a volte anche un po’ tranchant. Nulla risulta invadente in alcun modo: né il pietismo, né il voyeurismo del dolore, né la ridicolizzazione di alcune pratiche sessuali. La storia rispetta le emozioni, le particolarità e le inclinazioni intime di ogni persona, perché come tende spesso a ribadire, esplicitamente e non, nessuno può definire cosa sia normale e cosa no.
Voto 7.5 Giorgia Di Stefano
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Riccardo Cristilli - 7/10
7/10
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Giorgia Di Stefano - 7.5/10
7.5/10
Summary
Dying for Sex è un’esplosione di vita avvolta nel guscio di un tragedia inimmaginabile. Una serie onesta, per nulla pretenziosa, bella così com’è: senza peli sulla lingua, senza retorica, secca, diretta, a volte anche un po’ tranchant. Nulla risulta invadente in alcun modo: né il pietismo, né il voyeurismo del dolore, né la ridicolizzazione di alcune pratiche sessuali
Voto:
7.3/10