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It’s what’s inside: strampalato, teatrale e frenetico — La recensione

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Ogni tanto nel panorama cinematografico esce fuori una piccola gemma indie che ha tutte le carte in regola per esplodere nel mainstream. È il caso sicuramente di It’s what’s inside, primo lungometraggio di Greg Jardin che, dopo uno spettacolare debutto al Sundance Festival, è stato acquistato per una cifra record da Netflix. Uscito il 4 ottobre il film sta pian piano scalando la top ten della piattaforma.

It’s what’s inside: da perdere la testa…e tutto il resto

Shelby e Cyrus, una giovane coppia in crisi, raggiungono cinque amici di vecchia data in una casa fuori città per festeggiare uno di loro, Reuben, che sta per sposarsi. Il piano di passare un’ultima gloriosa serata insieme non viene deragliato nemmeno dall’arrivo di Forbes, sesto membro del gruppo che si è allontanato dagli altri in circostanze turbolente. Tutto procede a gonfie vele finché Forbes non mostra agli altri una misteriosa valigetta che contiene un macchinario che permette di scambiarsi il corpo. Dopo un’iniziale titubanza il gruppo decide di usarlo per un gioco apparentemente innocente, ma che rivelerà insicurezze, conflitti sopiti e lati oscuri di ciascuno di loro.

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Body horror, ma niente sangue

Non fatevi spaventare dall’etichetta horror che molti stanno attribuendo a It’s what’s inside. Il film è teso, ma è lungi dal senso di spiacevolezza a cui ci ha abituati il panorama horror contemporaneo. Se c’è qualcosa di spaventoso in It’s what’s inside non è nell’azione quanto nelle sue implicazioni, in quello che il film ha da dire (senza mai mettersi in cattedra) sul nostro rapporto con i corpi nostri e quelli altrui. Su come il livello fisico dell’esperienza umana sia talmente potente da filtrare tutto il resto, e come le nostre azioni obbediscano alle viscere più che al cervello molto più spesso di quanto non siamo disposti ad ammettere.

It’s what’s inside: indie di razza

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Il successo di It’s what’s inside è sicuramente frutto di una serie di incastri fortunati, ma è anche vero che il film è brillantemente strutturato per massimizzare le risorse a sua disposizione. Il film è girato in un’unica, memorabile location, che si presta a una varietà di angoli e inquadrature suggestive. Il cast è ristretto, ma affiatato e convincente — gli attori fanno un ottimo lavoro a interpretare prima uno poi l’altro personaggio. Ma, più di tutto, è un film concentrato, che non prova a fare dieci cose diverse ma vuole semplicemente esplorare un tema. E questo, ancora una volta, dovrebbe ricordare all’industria che i successi (sostenibili) non si fanno cercando di azzeccare un minimo comun denominatore fra tutti i pubblici, ma dando agli autori gli strumenti per esplorare una visione fino in fondo.

Il cast

Brittany O’Grady è Shelby, una ragazza mite che soffre l’apparente mancanza di attenzioni da parte del mondo e del fidanzato Cyrus, interpretato da James Morosini, un giovane uomo di poco polso. Alycia Debnam-Carey è Nikki, cotta storica di Cyrus e famosa influencer mentre Devon Terrell è Reuben, il futuro sposo; nel gruppo anche Gavin Leatherwood nei panni di Dennis, il playboy del gruppo, Nina Bloomgarden in quelli della spirituale Maya e Reina Hardesty nel ruolo dell’inarrestabile Brooke. Infine, David W. Thompson interpreta il Forbes, mentre Madison Davenport è sua sorella Beatrice.

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La recensione

It’s what’s inside è un horror non nell’azione quanto nelle sue implicazioni sul nostro rapporto con i corpi nostri e degli altri. L’esperienza film invece è tesa, spassosa, teatrale e assurda. Consigliato a tutti.

Voto:

8/10
8/10
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