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Il rinnovo di La Brea e la paura dei network per lo sciopero degli sceneggiatori

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NBC ha rinnovato La Brea per una terza stagione. Una bella notizia per un mystery drama in cui dopo una voragine nel mezzo di Los Angeles un gruppo di persone si ritrova nella preistoria. Ma anche le belle notizie ne nascondo altre più inquietanti. Il rinnovo di La Brea è legato al pericolo di un nuovo sciopero degli sceneggiatori.

Il rinnovo di La Brea tutti i retroscena

Il sempre ben informato sito americano deadline ha infatti spiegato come La Brea è stato rinnovato solo per 6 episodi che molto probabilmente saranno gli ultimi. O gli ultimi con questo cast. Infatti gli attori per La Brea che hanno un contratto da regular hanno un minimo garantito di 10 episodi, questo vuol dire che vengono pagati per 10 episodi a prescindere di quanti poi ne vengono prodotti.

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NBC avrebbe chiesto a Universal di ridurre il minimo a sei episodi, in cambio gli attori hanno ottenuto di esser liberi alla fine di questi sei episodi rompendo quel vincolo di sei stagioni che normalmente lega gli attori delle serie tv generaliste. Quindi la terza stagione da 6 episodi che sarà girata da marzo in Australia, sarà l’ultima, anche se esiste una possibilità che possa continuare con un’altra famiglia protagonista.

Queste decisioni sono state prese proprio in vista del possibile sciopero degli sceneggiatori e dei registi i cui contratti scadono rispettivamente il primo e il 30 giugno. Sembra che soprattutto prevedendo lo sciopero degli sceneggiatori, molte serie tv considerate in bilico potrebbero essere rinnovate anche se con un numero ridotto di episodi, così che gli episodi possano essere pronti prima dello sciopero. Avendoli così pronti per l’autunno.

Perchè scioperano gli sceneggiatori?

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Il precedente sciopero degli sceneggiatori c’è stato nella stagione 2007-2008 quando la produzione di serie tv era ancorata prevalentemente alla tv generalista che ha sofferto l’assenza di episodi. Non a caso in quegli anni sono nati molti dei reality e dei talent in onda ancora oggi e sono proprio i produttori di “non fiction” a sfregarsi le mani in vista dello sciopero degli sceneggiatori.

E in un mondo globalizzato c’è anche il rischio di vedere sempre più produzioni straniere, non americane, invadere le diverse piattaforme, scritte da sceneggiatori non americani e quindi non soggetti al sindacato WGA. Ma perchè potrebbero scioperare?

Le ragioni dello sciopero potenziale sono legate alle mutate condizioni di lavoro legate ai cambiamenti economici ma anche all’arrivo delle piattaforme di streaming. Gli sceneggiatori chiedono che la paga minima venga rivista a causa della crescita dell’inflazione. Chiedono inoltre che vengano abolite le presentazioni gratuite chieste dai network con sceneggiatori che devono elaborare soggetti non pagati sperando poi in un ordine.

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Gli sceneggiatori sono contrari al frequente ricorso alle cosiddette “mini-rooms” o smaller writers room usate prima dell’avvio della produzione e che permettono agli studi di pagare meno gli sceneggiatori. Un altro problema è legato al fatto che un tempo gli sceneggiatori sapevano guardando gli ascolti, quanto facevano guadagnare ai vari gruppi, oggi con lo streaming è tutto oscuro e quindi le percentuali sui guadagni sono diventate inesistenti. Così come le piattaforme non riconoscono una quota per gli autori relativamente allo sfruttamento in streaming dei titoli. I cataloghi si riempiono ma le tasche degli sceneggiatori restano vuote. Insomma gli sceneggiatori sono la base delle storie che amiamo, ma gli studi sembrano dimenticarsene.

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