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M – Il Figlio del Secolo, la “super-serie” di Sky: folle, perfetta, imperdibile

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M – Il figlio del secolo è una serie tv destinata a dividere un’Italia incapace di affrontare il proprio passato. In un paese che non ha fatto i conti con la propria storia, in cui si fanno adunate nostalgiche, funerali a braccia tese, come se fossero scene allegoriche e non ricordi di un periodo oscuro, brutale, violento in cui qualcuno ha imposto le proprie ragioni con la forza, è impossibile che ci possa essere un coro unanime nei confronti del capolavoro messo in piedi da Sky.

Se sedicenti intellettuali si ritrovano a fomentare il becero qualunquismo social attaccando frasi dette dal protagonista Luca Marinelli durante la promozione della serie, tacciandolo di piagnistei sofferenti ripetuti, prendendo quindi elementi pretestuosi non potendosi attaccare ad altro, vuol dire che la serie ha ottenuto il suo primo risultato. Tutti devono parlare di M – Il figlio del secolo. Nel bene e nel male purché se ne parli. Un’invasione così massiccia della sfera pubblica che il faccione di Marinelli/M. è comparso su tutte le tv intorno alle 20.45 di un tranquillo giovedì sera, in quello slot prezioso sia perché è tra i momenti di massimo ascolto, sia perché tra i più costosi.

Al di là del superficiale tratto con cui si dividerà il pubblico di chi ha visto e amato la serie con quello di chi non l’ha vista o ne approfitterà per qualche critica superficiale appigliandosi ad aspetti poco interessanti, M – Il figlio del secolo è un capolavoro di regia, sceneggiatura e recitazione. Nel primo mese del 2025 abbiamo la migliore serie tv dell’anno. Non solo per il contenuto importante, significativo, ma anche per il contenitore che lo racchiude.

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La decisione di affidare la sceneggiatura della serie a persone esperte della materia come Stefano Bises e Davide Serino, e non a figure prestate alla serialità, ha permesso di dar vita a una perfetta serie tv con giuste costruzioni di puntata, un perfetto equilibrio per tutte le 8 puntate. La divisione in due parti è narrativamente e visivamente impeccabile. Le prime quattro puntate sono spiazzanti. Il tono ironico, farsesco, tragicomico che le percorrono sorprendono lo spettatore, lo fanno illudere di un senso di leggerezza che ha sorpreso lo stesso Scurati che durante la presentazione della serie, ha detto come avesse paura di rendere M. troppo simpatico, per poi ricredersi comprendendo il progetto nel suo insieme.

Perché questo tono quasi da commedia, questo personaggio guascone, furbo, che guarda in camera e ammicca al pubblico, nasconde dietro la furbizia la sua spietatezza. L’equilibrio tra il dire e il non dire, tra l’ordinare e il suggerire accompagnerà l’insicuro M. per tutte le otto puntate mostrando un’ascesa al potere quasi involontaria. M. fa paura perché incarna l’italiano simpatico, piacione, compagnone che dietro il suo fare cordiale nasconde il coltello con cui si approfitta dell’altro. Uno stile che farà scuola ed è fin troppo facile riconoscere i riferimenti ad altri personaggi della storia.

La serie è caratterizzata da un ritmo rock, dinamico, frenetico che dalla prima parte trascina il pubblico nell’incubo della seconda, quando le violenze aumentano, quando i fasci in giro per il paese, prendono il potere a forza di coercizione e forza, mentre M. li guarda da lontano. Lo sguardo in macchina costante è un’eredità del Frank Underwood di House of Cards, il tono dei commenti, lo stile è praticamente lo stesso, quel gusto sarcastico e sprezzante verso i suoi avversari e verso i suoi compagni.

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La cura del dettaglio rende le serie tv di HBO e di Sky impeccabili. Come la scelta ponderata, calibrata, di trovare le lingue di M., di colorare tutti i personaggi con dialetti ben definiti per rendere la varietà dell’Italia e dell’italiano. Il dialetto strettissimo, a tratti incomprensibile, con cui parlano tra loro Benito e Rachele restituisce un senso di familiarità, che non si ritrova con nessun altro personaggio. Le figure femminili che circondano M. sono sorprendentemente tante, fondamentali come contraltare del machismo che caratterizza un movimento violento, nato tra i reduci della guerra.

Un capolavoro

M – Il figlio del secolo è la serie dell’anno anche se stiamo soltanto a gennaio. Perfetta nella sceneggiatura, nello stile, nella regia, nella costruzione dei personaggi.

Voto:

9/10
9/10
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