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Manifest 4, Netflix resuscita la serie…in tutti i sensi. – La recensione

Manifest

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Il 4 novembre è il giorno in cui il volo 828 atterra ed è anche il giorno in cu la prima parte della quarta stagione di Manifest 4 sbarca su Netflix. Sono i primi dieci episodi realizzati da Warner Bros (lo studio che realizza la serie) direttamente per la piattaforma di streaming che ha salvato la serie dopo la cancellazione da parte di NBC. Il creatore della serie Jeff Rake aveva immaginato la propria creatura per uno sviluppo su sei stagioni ma dopo la cancellazione si è dovuto “accontentare” di un’ultima quarta stagione da 20 episodi.

Un miracolo possibile grazie al successo di Manifest, soprattutto negli USA, su Netflix in seconda/terza visione, che ha confermato come il calo di ascolti della tv generalista americana non sia legato alla tipologia di prodotto trasmesso ma al mezzo. E proprio per questo la serie non si snatura nel suo passaggio su Netflix. Un’esplicita richiesta della piattaforma come ha spiegato Rake in un’intervista a deadline, con una struttura episodica che per durata e “neri pubblicitari” ricalca quella generalista.

Dalla tv allo streaming: cambiare tutto per non cambiare niente

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Ma la fruizione in binge-watching è diversa rispetto a quella settimanale, basti pensare che le 10 puntate rilasciate oggi 4 novembre su Netflix, sarebbero state diluite in almeno 10 settimane se non anche di più considerando possibili pause. Per questo la necessità di comprimere quello che aveva immaginato in altre 3 stagioni in 20 episodi, è stato un vantaggio per Jeff Rake e per la serie stessa che ha così diminuito i classici casi di puntata e gli elementi sentimentali riempitivi, concentrandosi sul nocciolo del mistero.

La scelta del salto temporale di due anni è perfetta in questo senso non solo per avvicinare il racconto alla “data di scadenza” dei passeggeri, ma anche per evitare quel periodo di lutto dopo la morte di Grace che avrebbe soffocato il racconto. Ritroviamo così Ben alla disperata ricerca di indizi convinto che Eden, al figlia rapita da Angeline, sia ancora viva e alcuni flashback ci mostrano degli elementi importanti del periodo saltato. Manifest risulta così più compatto nello sviluppo del suo mistero. Capire le origini delle chiamate sarà sempre più un viaggio emotivo e personale per i protagonisti della serie che dovranno scavare in loro stessi per trovare la verità.

Restano i classici difetti di Manifest

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Restano e si amplificano i difetti che la serie ha sempre avuto. In primo luogo una recitazione davvero pessima da parte di tutti, con reazioni così esagerata, finte, dialoghi frettolosi e pieni di spiegazioni o rimandi a cose dette in passato, da rendere tutto innaturale ed eccessivamente pomposo. Josh Dallas dai tempi di Azzurro di Once Upon a Time fa sembrare Stanis La Rochelle un Premio Oscar. 

Aggiungiamoci poi che più si entra in profondità del mistero e più emergono troppi elementi, spirituali, soprannaturali, mitologici, Manifest è un calderone dove dentro c’è di tutto e anche di più. Inquietante, ma non è una novità per la serialità americana, la descrizione di come si muove lo stato davanti ai fenomeni inspiegabili: arresto e repressione, liste di prescrizione. Il diverso negli Stati Uniti viene emarginato, isolato e nessuno sembra davvero avere il potere per fermare questa deriva.

Dopo questi primi 10 episodi resta la voglia di capire cosa succederà nei restanti 10, anche perchè il finale paradossalmente sembra vicino, e non distante altri 10 episodi. Da un punto di vista strettamente seriale ci sono due aspetti positivi: la voglia di indagare su misteri di cui si capisce poco o nulla e il fatto che ti resti il desiderio di vederne ancora. E per una volta grazie Netflix per aver salvato Manifest.

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Manifest 4 risulta più compatto nello sviluppo del mistero centrale, pur mantenendo i difetti che hanno accompagnato la serie fin dalle sue originiManifest 4, Netflix resuscita la serie...in tutti i sensi. - La recensione