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Mo la recensione della stagione 2: provocatoria, ironica, dolceamara

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Torna finalmente, dopo un’attesa che dura dall’estate del 2022, la divertente, toccante e più che mai attuale pluripremiata serie Mo, creata dai comici Mohammed Amer (Black Adam) e Ramy Youssef (Ramy), che sono anche i produttori esecutivi insieme al rinomato studio A24 (Beef, Euphoria), Harris Danow (Daisy Jones & The Six, Dead to Me) e dal regista Solvan “Slick” Naim (It’s Bruno!), che aveva diretto anche la prima stagione.

Dov’eravamo rimasti con la stagione 1 di Mo

Alla fine della prima stagione, Mo Najjar era rimasto bloccato in Messico e continua a giostrarsi tra due culture, tre lingue e un mucchio di sciocchezze burocratiche. Nella seconda stagione Mo (che vi ricordo è un rifugiato palestinese avviato verso la cittadinanza americana, NdR) è bloccato oltre confine e ansioso di tornare a Houston prima dell’udienza per la richiesta di asilo della famiglia. Nei sei mesi in cui resta in Messico è costretto a lavorare come lottatore di lucha libre o musicista in una banda di mariachi e adattarsi nuovamente a una nuova cultura.

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Tuttavia, in quanto rifugiato apolide senza passaporto, dovrà darsi un bel po’ da fare ed esercitare tutto il fascino di cui è capace. Ancora non sa che il viaggio di ritorno a casa sarà solo l’inizio dei suoi problemi e che c’è un nuovo tipo in città pronto a rubare sia la sua amata Maria sia il suo sogno di ritornare finalmente in Palestina.

Mo
MO. Matt Rife . Cr. Courtesy of Netflix © 2024

La stagione 2 di Mo non ha paura a parlare di politica, America e Palestina

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Questa seconda stagione, composta da 8 episodi (da mezz’ora circa ciascuno), è la migliore risposta possibile che si possa dare alla visione aberrante del mondo promossa dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump nel suo nuovo mandato.
Un chiarimento: Mo è anche una serie politica, e questa stagione è stata scritta e girata prima che i provvedimenti di Trump venissero anche solo paventati, e ciò che più colpisce – o meglio, che fa raggelare il sangue – è la capacità della serie di riuscire a intersecarsi in modo agghiacciante con questa nuova normalità e l’ondata di azioni dell’ICE che spingeranno decine di migliaia di migranti in uno stato di disperazione sempre più oscura.

Soprattutto le prime puntate di questo nuovo capitolo, infatti, mostrano in maniera realistica e diretta come vengono (mal)trattati gli immigrati in America: come cercano di attraversare il confine, come vengono fermati, minacciati e portati nei centri appositi, come vengono trattati e quanto i loro diritti umani siano completamente calpestati.

Cibo rancido, coperte di alluminio, celle di due metri quadri che contengono minimo dieci persone; guardie violente, prive di empatia, messe lì per umiliare ognuno di loro. Seppur in pochi minuti e con la consueta ironia, queste scene evidenziano l’orribile realtà degli attraversamenti illegali delle frontiere negli Stati Uniti e delle persone disperate che tentano di attraversarli. Amer – la cui famiglia è fuggita dal Kuwait durante la Guerra del Golfo per stabilirsi in Texas – ha argomenti seri da comunicare riguardo alla difficile situazione degli immigrati minacciati di deportazione immediata in America.

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Un’altra precisazione: la sceneggiatura di Amer e Youssef è collocata temporalmente prima del 7 ottobre 2023, quindi prima che la situazione tra Israele e la Palestina fosse quella che conosciamo oggi. Nonostante Mo, sua madre e suo fratello guardino con dolore e nostalgia a ciò che da troppi anni accade al loro popolo, la situazione che ne emerge (sul finire della stagione soprattutto) è paradossalmente quasi idilliaca se paragonata al genocidio in corso, che si consuma a Gaza e ai danni del popolo palestinese, sotto gli occhi di tutto il mondo, dal 7 ottobre 2023, ma le cui radici affondano nella Nakba del 1948.

Mo
MO Cr. © 2024

La voce tagliente, potente e unica di Mohammed Amer

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In un settore non propriamente traboccante di voci creative e di rilievo nella serialità televisiva, quella di Mohammed Amer è una voce potente, estremamente lucida e tagliente: il suo Mo è un outsider riluttante, un uomo qualunque confuso che cerca di cavarsela con quello che ha, lottando per ciò che per lui vale davvero. Mo è alla deriva in un paese sempre più ostile, violento e oscuro, e il suo fascino sta nel modo in cui si aggrappa a valori universali come l’amore, la famiglia, le proprie radici, per non sopperire in un mondo che sembra ripudiarlo.

La serie evoca con delicatezza le piccole assurdità della vita quotidiana, attraverso un’ironia elegante e intelligente, andando sempre più a fondo in tematiche comuni a tutta l’umanità, come cibo, identità, immigrazione, famiglia e politica, mantenendo uno stile fresco e intrigante. E viene dato più spazio, più respiro, anche a Sameer, il fratello di Mo (interpretato da un eccezionale Omar Elba), un uomo sulla quarantina che soffre di autismo, che vive sotto l’ala protettrice della madre (Farah Bsaiso), la cui storia emerge lentamente, commovente e piena di sfumature come poche.

Questa stagione è provocatoria, commovente, dolceamara; è esilarante quanto straziante, un abisso profondo senza via d’uscita, dove una risata può riportare un filo di ossigeno. Amer vuole dimostrare che siamo più del nostro dolore e della nostra sofferenza. Che certe volte le cose capitano e non possiamo farci nulla, che possiamo lottare, ma non sempre andrà come avevamo sperato, anzi il più delle volte accadrà proprio il contrario. Che restare umani, provare empatia verso il prossimo, restare coerenti con la propria identità, è forse l’unica cosa che può salvarci in un mondo sempre più alla deriva.

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La serie ha un unico grande difetto, nella prima come nella seconda stagione: che una volta finita, lascia un insaziabile desiderio di avere altri episodi.

Summary

Quella di Mohammed Amer è una voce potente, estremamente lucida e tagliente: il suo Mo è un outsider riluttante, un uomo qualunque confuso che cerca di cavarsela con quello che ha, lottando per ciò che per lui vale davvero. Mo è alla deriva in un paese sempre più ostile, violento e oscuro, e il suo fascino sta nel modo in cui si aggrappa a valori universali come l’amore, la famiglia, le proprie radici, per non sopperire in un mondo che sembra ripudiarlo.

Voto:

8/10
8/10
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