Netflix ha perso 200 mila abbonati nel primo trimestre del 2022. Si aprono le strade verso una versione low-cost con pubblicità, e alla monetizzazione di chi condivide gli account.
Update 11 maggio: secondo diverse indiscrezioni della stampa USA sembra che Netflix stia accelerando i piani per lanciare abbonamenti a un costo ridotto ma con l’inserimento della pubblicità. Addirittura potrebbero arrivare entro l’anno.
Netflix perde abbonati
Netflix ha comunicato i dati degli abbonati del primo trimestre 2022. Da gennaio a marzo, per la prima volta dal 2011, Netflix ha chiuso il trimestre in calo di duecentomila abbonati. Per il secondo trimestre prevede un altro calo di circa 2 milioni di abbonati.
Il totale di abbonati si attesta a 221,64 milioni, dai 221,84 presenti alla fine del 2021. Nessuno aveva previsto una perdita, anche se minima, di abbonati nel mondo, Netflix aveva previsto una crescita di 2.5 milioni, il mercato di 2.8 milioni. Il servizio streaming ha attribuito la perdita alla concorrenza sempre più crescente nel mercato dello streaming, e alla condivisione delle password. Per questo motivo, e per la prima volta, Netflix ha detto ufficialmente che agirà in merito.
La condivisione delle password da mossa di marketing a driver per la crescita
Il motivo per cui i servizi streaming ci lasciano condividere le password, nonostante sia una pratica che va contro i Termini e le Condizioni è sempre stata vista come una sorta di opportunità per farsi conoscere, di abituare sempre più utenti ai servizi e ai loro contenuti. É un po’ l’obiettivo che si tenta di raggiungere quando riceviamo degli abbonamenti gratuiti per un certo periodo. Una prova che si spera diventi un abbonamento vero e proprio perchè nel frattempo l’utente si è abituato a usare il servizio e non può farne a meno.
Questo valeva, ovviamente, quando lo streaming era in fase di crescita. Adesso, con un mercato decisamente più affollato e concorrenziale, e quasi saturo, monetizzare quelle persone che di fatto usano gratuitamente il servizio, può diventare una vera e propria risorsa per crescere ulteriormente, e Netflix entro il prossimo anno ha intenzione di farlo. Secondo Netflix sono 100 milioni gli utenti che usano Netflix e non lo pagano, di cui 30 milioni solo negli Stati Uniti e in Canada.
“La condivisione degli account, in termini percentuali rispetto agli abbonati paganti, non è cambiata così radicalmente negli anni. Ma questo, aggiunto al fatto che in alcuni mercati lo sviluppo della banda larga è più lento, rende complicato crescere in termini di abbonati… Un problema che negli anni passati è stato oscurato dalla nostra crescita legata al COVID“, specifica l’azienda nella lettera agli azionisti.
Netflix stava già testando in America Latina una funzione che permetteva a chi condivideva le password di pagare un extra di circa 2-3 dollari al mese. Secondo uno studio di Cowen & Co., Netflix potrebbe guadagnare circa 1.6 miliardi di dollari se decidesse di espandere il test a tutti i Paesi in cui è presente.
“La condivisione probabilmente ci ha aiutati a crescere… Abbiamo sempre favorito la condivisione all’interno di un nucleo che convive, attraverso funzioni come i profili e la possibilità di vedere su più dispositivi contemporaneamente… Ma questo probabilmente ha generato una certa confusione sulla possibilità di condividere gli account tra nuclei non conviventi.”
C’è un passaggio molto importante della lettera agli azionisti che secondo noi non bisogna trascurare. Non è detto che Netflix riuscirà a monetizzare i 100 milioni di abbonati che non pagano, perchè tra questi ci sarà chi guarda occasionalmente e non pagherebbe per un abbonamento personale. Ma è molto importante questo passaggio: “Mentre lavoriamo per monetizzare la condivisione degli account, la crescita dell’A.R.M [Average Revenue per Membership, ricavi medi per account], dei ricavi e delle visualizzazioni sono gli indicatori più importanti per misurare il nostro successo, rispetto alla crescita degli abbonati“.
Questo passaggio è importante perchè in un mercato sostanzialmente saturo e concorrenziale, non si può sicuramente misurare la solidità di un servizio streaming, qui Netflix, semplicemente valutando il numero di abbonati che inevitabilmente smetterà di crescere. Quello che Netflix guadagna per ogni account, e i ricavi in generale, diventeranno il focus principale per misurare il successo e la stabilità dell’azienda, dando sempre per scontata una sostanziale stabilità nel numero degli abbonati (periodi di cali accompagnati da periodi di leggera crescita).
Non bisogna stupirsi quindi se Netflix cercherà di monetizzare le condivisioni, è un modo per monetizzare chi di fatto sta usando gratis il servizio, un modo per far aumentare quel l’A.R.M. E possiamo interpretare in questo senso anche la decisione di aggiungere una versione low-cost con pubblicità nei prossimi due anni.
Netflix e la pubblicità, un male ampiamente criticato che ora diventa necessario
La pubblicità è un altro modo, inevitabile, per differenziare le entrate e per monetizzare quelle fasce di reddito che sono disposte a spendere meno per gli abbonamenti, e che sono più tolleranti verso la pubblicità. Secondo Reed Hastings, co-amministratore delegato di Netflix, serve a far diventare abbonati quelli che Netflix ha già come utenti: “amano già il nostro servizio, dobbiamo solo farci pagare da loro.”
“Chi ci segue sa che io sono sempre stato contrario alle complessità della pubblicità, e un grande fan della semplicità degli abbonamenti“, ha detto Hastings. “Ma nonostante ciò, sono ancora più fan della scelta dei consumatori. Quindi permettere a coloro che sono più tolleranti alla pubblicità, di abbonarsi a un prezzo più basso, può essere sensato.”
É chiaro che il modello low-cost con pubblicità funziona, Hulu è nato proprio in questo modo e ha aggiunto la versione senza pubblicità solo dopo. Disney+ e HBO Max invece hanno fatto il contrario, la prima sta per lanciare una versione con pubblicità, la seconda l’ha già fatto. “Non credo ci siano dubbi sul suo funzionamento. Sono certo che entreremo in quel mercato e vedremo come andrà, non lo testeremo come facciamo di solito“.