Recensione Game of Thrones stagione 8: il numero di morti, draghi e guerre, è sufficiente per giudicare una serie ben fatta e ben scritta?
L’ultimo episodio di Game of Thrones è andato in onda stanotte su HBO, e in Italia in contemporanea su Sky Atlantic. La serie è diventata così un fenomeno che nel periodo in cui è in onda ne leggiamo di tutti i colori.
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Dagli stati d’animo degli attori, che dovevano andare in giro a promuovere una serie parlando del nulla, se non delle loro emozioni e del passato. Si è parlato tanto della fotografia scura del terzo episodio, si è parlato del bicchiere di caffè apparso in una scena come un normale personaggio della serie. Insomma il discorso che ruota attorno alla serie è banale, non aggiunge niente.
E questo potrebbe essere una cosa positiva. Parlando di cose banali, indirettamente si evita di parlare della serie, della sua storia, dei suoi errori, di spoiler non graditi. Ma una discussione così leggera e banale è inevitabile per una serie così cool che è diventata un fenomeno globale. Un’ora di televisione a settimana che tutti devono assolutamente guardare per non sentirsi esclusi, e questo forse ha causato un problema.
Ha fatto diventare banale e futile anche il metro di giudizio che utilizziamo per valutare Game of Thrones. Un episodio è bello se c’è un drago che distrugge qualcosa, un episodio è bello se Daenerys fa uno dei suoi proclami pronunciando la tipica frase ad effetto, come “Dracarys“, il termine che di più ha generato meme online. Ma dove è finito il dibattito sulla storia, sulla coerenza degli eventi, sull’evoluzione dei personaggi?
Game of Thrones ha perso il suo appeal quando ha abbandonato quel modello narrativo usato nelle prime stagioni, che forse piaceva solo a chi ha letto i libri (io non li ho letti, preciso!). Ossia i dialoghi, infinite scene di dialoghi tra i tantissimi personaggi della serie, che a primo impatto annoiano, ma se li guardi a posteriori e con nostalgia impari ad apprezzare.
Perché quei dialoghi avevano un senso, raccontavano una storia infinita, quella dei libri, che altrimenti non si sarebbe potuta raccontare. Creavano contesto, definivano i personaggi e li facevano evolvere. Ecco, purtroppo Game of Thrones, nelle ultime due stagioni ha perso questa qualità, quella di spiegare le scelte di un determinato personaggio, a favore di scene più spettacolari ma prive di “ciccia”.
L’ha persa quando è finito il materiale di base, cioè i libri? Probabile, ma potremmo anche catalogare questa scusa tra quelle banali. L’ha persa per seguire un certo livello di aspettative del pubblico? Quindi si è scelto di creare scene spettacolari che restano nella memoria di tutti a scapito di una storia più fluida e meno meccanica, meno semplice, meno scontata?
E veniamo quindi allo scopo di questa recensione, il commento all’ultima stagione. Se non avete visto il finale di Game of Thrones non dovreste essere neanche qui, ma vi avviso lo stesso. Seguono SPOILER, quindi non continuate a leggere se non avete visto il finale:
Recensione Game of Thrones stagione 8
L’ottava stagione è il simbolo della superficialità e della banalità che ha accompagnato Game of Thrones in questo anno e mezzo di attesa. La storia manca, è come se qualcuno gli avesse dato delle linee guida da seguire, con degli eventi di disturbo da raggiungere, e quello che succede in mezzo è solo un mezzo per arrivare a questi eventi.
Probabilmente il terzo e il quinto episodio sono i più spettacolari che un amante di serie tv abbia mai visto. Effetti speciali, guerre, riprese mozzafiato: nessuno mette in dubbio il livello tecnico di Game of Thrones.
Ma se analizziamo i due episodi, considerati quindi gli eventi di disturbo di cui parlavo sopra, prendendo in considerazione la trama, l’evoluzione dei personaggi, risulta tutto scontato. Gli Estranei sono stati eliminati della faccia della terra in un solo episodio, in cui non li abbiamo neanche visti. Di certo non è stato il trattamento migliore, considerando che da 8 anni ci tengono sulle spine. Dipinti come un carrarmato ma sconfitti come se fossero una pistola a piombini.
Lo stesso vale per Daenerys, uno dei personaggi più complicati della serie, che nelle stagioni si è evoluta da schiava vittima del fratello a regina che mobilita le masse e salvatrice dei Sette Regni dalla tirannia dei Lannister. Ecco, il quinto episodio ha distrutto quest’evoluzione, Daenerys è diventata la tiranna da cui essere salvati, perchè? Probabilmente perchè si è sentita minacciata da Jon, o perchè le hanno ucciso la sua consigliera personale. Ma per la sua storia è stato un fallimento.
Ma almeno tutto ciò ha portato a un finale inaspettato. Era questa la mia più grossa paura, assistere a un finale scontato, meccanico, dopo una stagione scontata e meccanica, senza contenuti. Game of Thrones si è concluso lanciando parecchi messaggi, alcuni forse anche un po’ troppo progressisti per il tipo di mondo in cui vivono.
Sul trono, che non esiste più, ci finisce Bran, il personaggio più inaspettato ma anche quello più ovvio: il protettore della conoscenza e senza alcuna ambizione. Un re outsider, supportato da un consiglio composto da outsider: un Cavaliere donna, il Lannister trattato male perchè “imperfetto”, il “puttaniere”, “il debole” amante della parola, e il consigliere di un Re che non ha mai spiccato per le sue doti. Una squadra di “underdog” che ha sempre combattuto affianco a qualcuno e che non ha mai bramato il potere.
La lezione migliore dell’ultima puntata ce la insegna il drago, Drogon, quando trova la madre che giace sul pavimento e non incolpa Jon per averla uccisa, ma se la prende con il Trono ed è verso questo che scatena la sua ira, il suo dolore.
Quelli che invece hanno monopolizzato la storia in queste otto stagioni, sono morti, o sono stati esiliati. Aria, che tutti pensavamo fosse la salvatrice dei sette regni, è la “Cristoforo Colombo” della nostra storia. E ci sta, è sempre stata un’esploratrice, una bambina curiosa e non è mai stata una Lady, e adesso è partita alla scoperta “dell’America”, anche se forse potevano arrivarci seguendo un altro percorso, e non quello dell’assassina senza pietà.
Sansa ha preso il posto che le spettava e per cui ha sempre lottato, la chiusura perfetta della sua storia se consideriamo da dove è partita: una ragazza ingenua la cui unica ambizione era sposare un principe. Per Jon invece si chiude un cerchio tornando nel posto in cui ha iniziato la sua storia. Legittimo erede al trono si ritrova nuovamente con i Bruti, proprio come all’inizio quando era un semplice “bastardo”.
Game of Thrones verrà sicuramente ricordato come una delle serie più spettacolari della storia della televisione, che sicuramente, prima o poi, verrà superata. Ma verrà ricordata anche per la serie che ha rovinato una storia per raggiungere questo obiettivo diventando di fatto un finto diamante luccicante.