Recensione Hollywood. La miniserie di Ryan Murphy su una Hollywood più progressista, disponibile dall’1 maggio su Netflix.
L’accordo di produzione firmato da Ryan Murphy e Netflix, inizia a dare i suoi frutti. Dal 1° maggio su Netflix arriverà Hollywood, la prima miniserie di Ryan Murphy, che firma anche le sceneggiature, che esce da tale accordo. La serie si propone di raccontare una storia alternativa di Hollywood, una delle città più spietate del pianeta che ospita uno dei settori più spietati del pianeta: l’industria cinematografica. Recensione Hollywood
La miniserie è composta da 7 episodi ed è stata creata da Ryan Murphy e Ian Brennan, che ricoprono anche il ruolo di produttori con Alexis Martin Woodall. La serie probabilmente non avrà il doppiaggio al momento del lancio, ma arriverà quando il settore riaprirà. A seguire trovi la nostra recensione di Hollywood, ma prima ecco un trailer:
La trama
Hollywood racconta la storia di un gruppo di aspiranti attori, registi e sceneggiatori che cerca di sfondare nel mondo spietato del dopoguerra di Hollywood. La serie si propone di evidenziare i sistemi che hanno mosso l’industria cinematografica di Hollywood per decenni, le discriminazioni razziali di genere e di orientamento sessuale, che ancora oggi sono argomenti d’attualità.
La serie parte con Jack Castello che arriva a Los Angeles dopo la guerra con la speranza di diventare un attore famoso di Hollywood. Jack è spostato con Henrietta, e avrà difficoltà a mantenere la sua famiglia, fino a quando non riceverà una proposta di lavoro, alquanto singolare.
Recensione Hollywood – I Nostri commenti
“What if you could rewrite the story“ è la frase che ritroviamo nel poster che Netflix ha rilasciato, e se vogliamo è la frase che la rappresenta al meglio. Una storia parzialmente alternativa che usa eventi e temi reali per creare un mondo alternativo. Nel processo la serie si chiede come sarebbe Hollywood oggi se già nel passato avesse rotto il cosiddetto “glass sealing“, se avesse accettato quindi la parità di genere, razza e avesse superato le discriminazioni in base all’orientamento sessuale. La risposta ovviamente è la più soggettiva possibile, è quella di Murphy che la racconta in questa storia alternativa di riscatto, sogni e fama.
In Hollywood, Murphy non ha innovato molto dalla sua cifra stilistica, ci sono i temi e un po’ di retorica, e soprattuto c’è la sua mania della perfezione stilistica: è tutto e al posto giusto, non c’è un capello fuori posto, un vestito con una piega. In più prende tutto quello che ha imparato in Feud, una serie che ha sviluppato qualche hanno fa per il canale FX, e lo riporta in questo lunghissimo episodio “what if” dedicato a Hollywood. E’ una serie di nicchia con cui passare sette ore piacevoli, una storia che come dicevo ha tutti i tasselli al suo posto, ma è così tanto perfetta quanto prevedibile, una storia che ha bisogno di un happy ending che nella realtà è arrivato tardi.
Voto: 6,5 – Davide Allegra
Ryan Murphy ha uno stile ben definito che lo identifica facilmente. Sia che ambienti le sue storie oggi o nel passato la cura nel dettaglio, nelle immagini, nella fotografia è sempre portata fino all’estremo. Uno stile ben definito anche nei suoi difetti come l’uso eccessivo di retorica, un crollo nella parte centrale delle sue storie e la creazione di favole che prendono la realtà la distorcono e poi la sputano via mostrando la propria.
L’operazione di Hollywood è notevole. L’idea alla base anche. Pensare come sarebbe potuto essere tutto diverso se solo si fosse iniziato prima, se nel ’48 ci fossero state delle conquiste dei 2000. Il tutto ha una confezione piacevole, da dramma ritmato, a tratti comico, con una leggerezza che conquista e vicende romantiche enfatiche come nei film di quegli anni. Però Hollywood è una favoletta con una morale e un obiettivo ben chiaro che non fa nulla per distogliersi da quello, nè prova a smarcarsi, ad avere un guizzo. E se invece di raccontare un’emblema di quegli anni ci avesse creato un mondo alternativo che dal ’48 immaginasse il cinema degli anni successivi? Forse sarebbe stata un’altra storia, ma immaginare solo la Hollywood alternativa di fine anni ’40 resta una favola e poco più. Fatta bene ma pur sempre una favola di 7 ore.
Voto 6.5 – Riccardo Cristilli
Ryan Murphy torna su Netflix con una miniserie che è una grande favola che rilegge in chiave moderna “come sarebbe stato se” la Hollywood del secondo dopoguerra fosse quella inclusiva e integrativa di oggi verso le donne, gli omosessuali, le persone di colore, e così via. Una visione certamente utopistica, come un sogno ad occhi aperti, che ricalca lo stile perfezionista di Murphy così come era nella bellissima Feud e come era nella Golden Age di Hollywood. Lì la carriera quasi finita di due attrici in età, qui tutta la determinazione, i sogni, le speranze e l’incoscienza di un gruppo di giovani arrivati in California per cambiare la propria vita. Tra metacinema e forse un po’ troppo “buonismo”, tutti i pregi e i difetti del Murphy che ancora una volta sente l’importanza di parlare di coloro che sono stati discriminati nella propria vita.
Voto: 7,5 – Federico Vascotto
Sette ore esteticamente impeccabili, in pieno stile Ryan Murphy, senza un difetto o una virgola fuori posto. Tutto perfettamente nostalgico, patinato, irresistibile. Colori, fotografia, storia: l’insieme funziona e rispetta il manierismo di Murphy. Interessante l’idea di partenza, quel “come sarebbe stato se”, domanda già ricorrente su diversi avvenimenti e che, quando rivolta al mondo di Hollywood, ha quel suo perché che attrae e attira lo spettatore.
Sfiziosi i rimandi a quel periodo storico, sostenuti da una regia decisamente ben riuscita e a un ritmo che tiene e intrattiene. Una risata ogni tanto, storie d’amore appassionate tipiche dell’epoca, e insomma, alla fine dei conti Hollywood è senza dubbio un buon prodotto d’intrattenimento, indubbiamente di nicchia (forse più adatto ad Amazon piuttosto che a Netflix) e tranquillamente godibile. Ma. Perché un “ma”, per chi scrive, c’è. Manca la scintilla, quel guizzo che ti fa dire “wow, Ryan, sai sempre come sorprendermi ed emozionarmi” e che con Hollywood rimane una velleità.
Bello tutto, ma personalmente non è scattato il colpo di fulmine né il minimo trasporto, proprio come in quelle storie d’amore all’apparenza perfette ma che si concludono spesso con un “non sei tu che non vai bene, sono io che preferisco stare da sola”. Ecco Ryan, Hollywood lo ricorderò così.
Voto: 6 – Giorgia Di Stefano
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Il Cast:
- David Corenswet è Jack
- Darren Criss è Raymond
- Jeremy Pope è Archie
- Laura Harrier è Camille
- Samara Weaving è Claire
- Dylan McDermott è Ernie
- Holland Taylor è Ellen Kincaid
- Patti LuPone è Avis
- Jim Parsons è Henry Willson
- Jake Picking è Rock Hudson
- Joe Mantello è Dick
Guest-Star: Maude Apatow, Mira Sorvino, Rob Reiner e Michelle Krusiec.