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Occupied city: l’esperimento di Steve McQueen tocca corde nascoste — La recensione

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Oggi vi parliamo dell’ultima produzione nella scuderia Mubi: Occupied City un’opera atipica firmata da Steve McQueen, regista di 12 anni schiavo, prodotta da A24 e tratta dal libro Atlas of an Occupied City, Amsterdam 1940-1945 , un ‘atlante psicogeografico’ dell’artista Bianca Stigter, artista e moglie del regista. Il film è in streaming in esclusiva su Mubi a partire dall’11 ottobre.

Occupied city: lo spazio, il tempo

Una voce narrante legge, uno ad uno, i passaggi dall’atlante. Ogni paragrafo racconta le persone, i fatti, le tragedie e gli atti di quieto eroismo della Amsterdam durante l’occupazione nazista fra il 1940 e il 1945, legando ogni episodio all’indirizzo esatto in cui ha avuto luogo, strada per strada, casa per casa. A questa narrazione si affianca una batteria di riprese contemporanee che, girata fra il 2020 e il 2022, ritrae gli esatti indirizzi di cui parla la voce durante tutto l’arco della pandemia di Covid-19. Il passato remoto e quello recente si intersecano, sovrapponendosi senza mai fondersi, a dipingere un doppio ritratto di come le persone continuano a vivere in una città sotto assedio.

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Occupied city: più della somma delle parti

Occupied city è un film difficile da incasellare in un macro-genere: non è narrativo ma non è nemmeno un vero e proprio documentario — forse più simile alla videoarte, ma nemmeno totalmente a casa in questa categoria. È un film lungo (più di quattro ore!) e soprattutto sedimentario, che ci lascia i significati che vuole comunicarci poco a poco, senza che ce ne accorgiamo. Le riprese, sopratutto a camera fissa, colpiscono nel segno: una serie di piccoli quadri in movimento dalla cinematografia e dal color grading curatissimi, capaci di catturare e pennellare in maniera impressionistica un passato recente che ancora ricordiamo.

Provare per credere

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Insomma, Occupied city è un’opera audiovisiva singolare, con un gusto molto diverso da quasi qualsiasi altro film in giro, anche se magari goderselo richiede uno sforzo un po’ attivo. Se il concetto non vi convince del tutto o vi sentite intimiditi dalla durata titanica, il nostro consiglio è quello di guardarne venti minuti e poi capire come vi sentite. Potreste rimanere sorpresi. 

Il cast 

Ha poco senso parlare di cast in quanto il film ritrae documentaristicamente la moltitudine di cittadini e cittadine di Amsterdam; non si può però non citare la splendida performance vocale di Melanie Hyams, che accompagna lo spettatore narrando l’interezza del film. 

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La recensione

Insomma, Occupied city è un’opera audiovisiva singolare, con un gusto molto diverso da quasi qualsiasi altro film in giro. Anche se magari goderselo richiede uno sforzo un po’ attivo, il nostro consiglio è quello di dargli una chance: potreste rimanere sorpresi.

Voto:

7.5/10
7.5/10
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