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I Flop del 2020, le serie tv che più ci hanno deluso nel corso dell’anno (e non sono poche)

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Le serie tv Flop del 2020 da Ratched a Luna Nera da Utopia ad Away, tutte le delusioni seriali dell’anno

Nonostante la pandemia abbia causato qualche ritardo nelle produzioni globali, anche il 2020 è stato un anno ricco di produzioni seriali e arrivati alla fine dell’anno è tempo di tirare le somme e capire cosa portarsi dietro e cosa mollare in vista dell’anno prossimo. Così, non senza qualche difficoltà visto l’alto numero di titoli, dopo avervi presentato quello che salveremmo del 2020, è arrivato anche il momento di fare i conti con le noti dolenti dell’anno, con quello che c’ha deluso, con quei titoli di cui avremmo fatto a meno.

Le serie tv flop del 2020 sicuramente scontenteranno molti ma, come fatto anche con le TOP, vi ricordiamo sempre che sono opinioni personali*, che siamo esseri umani e tutte le produzioni non possiamo averle viste. Insomma non prendetevela se qualche titolo cui siete affezionati lo trovate da queste parti… Come per il flop del 2019, anche quest’anno non troverete una classifica ma una suddivisione per categorie…mentali.

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Quelle che hanno messo tutti d’accordo

Qui trovate i flop che più ci hanno unito

  • Ratched (Netflix): la serie di Ryan Murphy (e del suo gruppo) è un riciclo di temi e situazioni del suo universo di American Horror Story, la storia dell’infermiera di Qualcuno volò sul nido del cuculo è esageratamente colorata e assurda mostrando come lo stile Murphy abbia bisogno di rinnovarsi, il suo mondo parallelo di fantasia sta iniziando a mostrare le prime crepe, chissà forse l’investimento di Netflix è arrivato in ritardo.
  • Luna Nera (Netflix): tentativo fantasy all’italiana assolutamente improponibile, una serie tv che non ha nulla della qualità attuale della serialità nazionale o internazionale e la scusa delle protagoniste femminili e della magia nelle mani delle donne non può bastare a giustificare un tale scempio. Chissà magari tra vent’anni diventerà un cult.
  • Cursed (Netflix): dialoghi improbabili, una scrittura tenuta in piedi con degli stuzzicadenti, una rivisitazione mal riuscita e poco credibile; non basta un volto noto (la Langford) per regalare successo a una serie, non basta un titolo che preannunci un’eroina vagamente femminista per rendere un titolo un buon prodotto
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Le Clamorose**

**Clamorosamente deludenti e delusioni clamorose

  • Run (HBO): l’eccitazione per una nuova serie di Phoebe Waller-Bridge svanisce rapidamente in una serie che vira rapidamente sull’improbabile, poco credibile e in cui si salvano (in parte) solo i protagonisti. Da attesa novità a flop clamoroso il passo è breve.
  • Penny Dreadful City of Angels (Showtime/Sky): la domanda principale che viene da farsi è “perchè”, perchè svilire il mito di Penny Dreadful con una serie priva di fascino e mordente, che non ha nulla di quanto promesso, un buco nell’acqua.
  • Raised by Wolves (HBO Max/Sky): l’impegno di Ridley Scott con la regia di questa imponente serie tv di HBO Max è evidente nei primi due episodi ma risulta troppo carica, troppo esagerata, troppo piena di livelli, di significati, di chiavi di lettura per affascinare a pieno lo spettatore. Non una bocciatura definitiva ma sicuramente una serie che più asciutta avrebbe conquistato di più il cuore degli spettatori.
  • Emily in Paris (Netflix): una superficiale e stereotipata favoletta su un’americana in Francia nell’epoca dei social media, leggera come una piuma, un’assurda farsetta adatta per gli appassionati dei romanzi Harmony.
  • Utopia (Amazon): perchè fare il remake di un cult inglese edulcorandolo il più possibile, banalizzandolo e semplificandolo? un esperimento non riuscito della vecchia direzione di Amazon non a caso frettolosamente cancellato
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Ancora tu

Stagioni deludenti tra finali e non

  • Suburra 3 (Netflix): l’atto finale della saga nella Roma criminale è un raffazzonato esempio di come non andrebbe fatta una serie tv, priva di coerenza logica, più vicina a un cartone animato o a un fumetto in cui tutto è accettato, la serie si concentra principalmente sul rapporto tra i due protagonisti (unico aspetto salvabile della serie) relegando l’aspetto politico-sociale ai margini del racconto; buona per i meme e le immagini da condividere.
  • La Casa di Carta 4 (Netflix): lo stile è quello, ormai è chiaro e definito, ed è quello stile che l’ha fatta diventare un fenomeno globale, semplice, esagerata, improbabile. Prima o poi finirà no?
  • The Sinner 3 (USA Network/Premium Crime): come rovinare un thriller drama psicologico semi-antologico, costruito intorno a un protagonista tormentato, con una stagione in cui il caso su cui indagare praticamente non esiste e la vicenda si trascina stancamente sui personalismi dei personaggi; speriamo in un rilancio
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Gli sprechi generalisti

Pochi i lanci della tv broadcaster americana, ma tra primavera e autunno gli sprechi non mancano

  • Outmatched (Fox): Jason Biggs e Maggie Lawson protagonisti di una comedy multi-camera che probabilmente 20/30 anni fa sarebbe stata un successo clamoroso; una famiglia con due genitori normali alle prese con figli geniali ma che raramente strappa una risata
  • Tommy (CBS): nonostante una protagonista come Edie Falco, tra pandemia e proteste contro la polizia, la corsa primavera non era il periodo ideale per mandare in onda l’ennesimo procedurale poliziesco, anche se al centro c’era una donna capo della polizia, anche se andava in onda su CBS.
  • Indebted (NBC): il grande ritorno in tv di Fran Drescher (La Tata) è un grande buco nell’acqua, anche in questo caso nonostante il tentativo di inserire temi attuali come la crisi economica che porta due genitori ad andare a vivere con la famiglia del figlio, la comedy multi-camera risulta troppo datata per il 2020
  • Connecting (NBC): è una delle prime serie uscite che affrontavano il tema della pandemia, e di come le persone hanno continuato a coltivare i rapporti personali durante il lockdown. Poteva essere una comedy ma evidentemente era troppo presto per scherzare sulla pandemia quindi la scelta è ricaduta su una storia piena di retorica e senza alcun guizzo particolare. La sensazione era quella di fare zoombombing in una call privata tra persone che non conosci e assistere in silenzio ai loro sfoghi.
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Flop del 2020 Spaziali

Il 2020 è stato un anno che ci ha portato nello spazio ma non sempre in modo fortunato

  • Away (Netflix): la missione di Hilary Swank si è rivelata un clamoroso buco nell’acqua, non per caso non rinnovata da Netflix dopo la prima stagione. Un family drama fuso con uno space drama in cui le tematiche adolescenziali della figlia della protagonista risultano completamente avulse dal resto, le puntate tematiche da generalista dal finale prevedibile sono incomprensibili per una serie da binge-watching. Uno spreco di risorse.
  • Avenue 5 (HBO): inedita in Italia questa comedy nello spazio dal creatore di Veep Armando Iannucci, aveva tutto per funzionare, compreso un capitano come Hugh Laurie, ma non trova mai un suo ritmo finendo per sommare scenette con situazioni e personaggi che sanno di già visto
  • Moonbase 8 (Showtime/Sky): dovrebbe far ridere con un gruppo di astronauti improbabili che si addestrano sulla terra per la vita in una base lunare. Il condizionale è la chiave per il flop.
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*Articolo scritto con il contributo di Riccardo Cristilli, Davide Allegra, Giorgia Di Stefano e Federico Vascotto (insomma i nomi che spesso vedete da queste parti), frutto delle loro personali idee e opinioni, non tutte le serie qui indicate sono condivise da tutti, principalmente se volete attaccare “socialmente” qualcuno prendetevela con Riccardo.

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