#TBT – Throwback Thursday in serie: Alla (ri)scoperta di… Mad Men
Nuovo appuntamento settimanale con la rubrica di Dituttounpop dedicata alla riscoperta di drama e comedy più o meno “storici” o anche piccole grandi chicche seriali che arrivano in catalogo sui vari servizi streaming e che quindi potrete recuperare con delle belle maratone di binge watching. Stavolta tocca a Mad Men.
Mad Men: quegli adorabili s****** dei pubblicitari negli anni ’60
Facciamo ancora una volta un viaggio nel passato “recente” con Mad Men, serie di culto di Matthew Weiner (e andata in onda in Italia inizialmente sull’ex canale Cult, guarda un po’, per poi approdare su lidi diversi fra FX, Rai4, TIMVISION e Sky Atlantic) che dopo l’uscita (tra mille pianti dei fan dei recuperi e dei rewatch come il sottoscritto, altrimenti non curerei questa rubrica) dal catalogo Netflix è arrivato un mesetto dopo su Amazon Prime Video (e sarà disponibile da ottobre su StarzPlay e Rakuten Tv, come da recente annuncio).
E’ andata in onda per sette stagioni dal 2007 al 2015, portando in auge AMC contro quello che fino a quel momento era stato il network incontrastato del via cavo, HBO, che rifiutò inizialmente la serie (e poi si sarà mangiato le mani, chissà). Un successo per la rete merito anche l’anno successivo di Breaking Bad e nel 2010 di The Walking Dead. La settima e ultima stagione fu mandata in onda in due tronconi come fatto anche per Breaking Bad, per sfruttare la popolarità e il successo di pubblico su due annate invece che su una sola.
Ambientata nella New York degli anni ’60, la serie si incentra sulle vite di alcuni pubblicitari che lavorano per l’agenzia pubblicitaria Sterling & Cooper (poi Sterling Cooper Draper Pryce, e infine Sterling Coopers & Partners) di Madison Avenue, concentrandosi in particolare sulle vicende del suo direttore creativo, Don Draper. La storia dei pubblicitari, delle loro segretarie, delle loro mogli e delle loro famiglie, si incrocia con i grandi avvenimenti storici di quegli anni, come la campagna presidenziale di John Kennedy vs. Richard Nixon (1960), la crisi dei missili di Cuba (1962), l’assassinio di Kennedy (1963), le lotte per la conquista dei diritti civili degli afroamericani e il primo allunaggio (1969).
Il titolo Mad Men è infatti un gioco di parole. Significa “uomini folli”, appellativo dato ai creativi della pubblicità che lavoravano a Madison Avenue, ed ecco il gioco: Mad sta anche per abbreviazione di Madison. Uomini in giacca e cravatta che “creavano” immagini per vendere illusioni, in un’epoca che aveva fatto delle illusioni le fondamenta per il futuro. Si gioca molto infatti nella serie sul ruolo della pubblicità per raccontare come nascono le idee di ciò che vediamo sui cartelloni e in tv ancora oggi, in una società come la nostra che più si evolve, più vive di immagini e slogan. E che si lega anche alla realtà storica: un esempio sono le sigarette Lucky Strike, la cui campagna “It’s toasted” è esistita davvero.
Una particolarità della serie, ricordata non solo per i dialoghi e la regia davvero ineccepibili in sette stagioni, è il tralasciare volutamente matrimoni e grandi eventi dei protagonisti che in qualsiasi altro show, via cavo e non, sarebbero stati nelle premiere o nei finali di stagione come scenario di colpi di scena o rivelazioni, invece qui accadono nella pausa tra un’annata e l’altra, non li vediamo, non sono importanti, quello che ci interessa sono i personaggi, la loro evoluzione e introspezione in un mondo di finzione.
L’altra peculiarità, più famosa, del serial cult è stata l’inserimento massiccio di alcol e fumo per i protagonisti, tanto da portare a calcoli, teorie e parodie sul loro consumo nel corso delle sette stagioni. Era sempre una rappresentazione della società con gli occhi di Weiner, come lui stesso ha dichiarato, anche se non così lontana dalla realtà effettiva. “Si beve perché bere è bello” è una delle frasi topiche di Roger Sterling, tra i più rappresentativi in questo senso, o Betty Draper che fuma come una ciminiera e viene anche criticata per questo, metafora del proprio nervosismo e infelicità interiore.
La sigla iconica e la parodia dei Simpson
Poche sigle come quella di Mad Men sono entrate davvero nella storia, per il significato da scoprire ad ogni visione, per la cura dei dettagli, per il minimalismo nella realizzazione e il grande effetto sullo spettatore. La sigla è la metafora della serie: uomini in giacca e cravatta (e in bianco e nero in caduta libera da un grattacielo in un mondo a colori davanti ai cartelloni pubblicitari da loro ideati) che vanno a lavoro di giorno per poi ritrovarsi a casa la sera e ricominciare tutto daccapo il giorno dopo. Un mondo (fuori) che li fa cadere in una spirale apparentemente senza fondo: un vortice per cui la realtà diventa la finzione che diventa la realtà. Ma forse è così anche dentro casa, dove si sentono soffocati e quindi cercano compagni/e e stimoli fuori casa e dal matrimonio, che allo stesso tempo anelano e proteggono per lo status sociale e morale imposto dalla società: una società che crea dei modelli culturali. Una sigla, ispirata ai lavori minimal del designer Saul Bass, che punta, proprio come la pubblicità, sull’effetto delle immagini.
Una sigla così iconica che non poteva che essere replicata dalla famiglia gialla e animata più famosa della tv, I Simpson, in un episodio:
Il (numerosissimo) cast
Fiore all’occhiello del cast di Mad Men è ovviamente Jon Hamm, l’uomo di cui tutti gli uomini volevano diventare amici e da cui tutte le donne volevano lasciarsi ammaliare, nonostante fondamentalmente sia un uomo orribile moralmente parlando, così come gli altri uomini protagonisti della serie: “figli” del tempo, così come le donne “vittime” del tempo. Ma ci sono storie diverse, dalle mie sfumature, anche di riscatto (vedi il personaggio di Peggy) in un modo pieno di buio ma anche di speranza e che iniziava a gettare le basi per il mondo di oggi. Fu così iconico il personaggio di Don Draper che, oltre a far vincere numerosi premi a Hamm, portò alla creazione di un personaggio agli antipodi nella comedy di successo 30 Rock, nei panni del fidanzato di Liz (Tina Fey).
Mad Men lanciò attori come Elizabeth Moss, finita poi nel mondo di The Handmaid’s Tale (oltre che nelle miniserie di Jane Campion e al cinema nel recente nuovo Uomo Invisibile), e bellezze come January Jones e Christina Hendricks (il suo, forse il miglior personaggio di tutta la serie), che potete vedere più di recente su Netflix in The Politician e Good Girls, rispettivamente. O ancora Kiernan Shipka ora protagonista de Le terrificati avventure di Sabrina sempre su Netflix.
Jon Hamm è Don Draper
Elisabeth Moss è Peggy Olson
Vincent Kartheiser è Pete Campbell
January Jones è Betty Draper
Christina Hendricks è Joan Holloway
Bryan Batt è Salvatore Romano
Michael Gladis è Paul Kinsey
Aaron Staton è Ken Cosgrove
Rich Sommer è Harry Crane
Maggie Siff è Rachel Menken
John Slattery è Roger Sterling
Robert Morse è Bertram Cooper
Jared Harris è Lane Pryce
Kiernan Shipka è Sally Draper
Jessica Paré è Megan Draper
Christopher Stanley è Henry Francis
Jay R. Ferguson è Stan Rizzo
Kevin Rahm è Ted Chaough
Ben Feldman è Michael Ginsberg
Mason Vale Cotton è Bobby Draper