#TBT – Throwback Thursday in serie: Alla (ri)scoperta di… Six Feet Under
Torna dopo una pausa “vacanziera” la rubrica settimanale di Dituttounpop che fa un tuffo nel passato, dedicata alla riscoperta di drama e comedy più o meno “storici”, ma anche del passato recente, che arrivano in catalogo sui vari servizi streaming o anche piccole grandi chicche seriali e che quindi potrete recuperare con delle belle maratone di binge watching. Stavolta tocca a Six Feet Under.
Six Feet Under, una delle migliori serie mai realizzate
Dopo la pausa delle “vacanze” rimaniamo in casa HBO e Sky Box Sets / NOW TV dopo The Newsroom con un altro gioiellino del catalogo, una delle migliori serie mai realizzate per me che sto scrivendo e vi faccio viaggiare nel passato con cadenza settimanale: Six Feet Under, la creatura seriale di Alan Ball per eccellenza (dopo il premio Oscar per il bellissimo American Beauty, con cui condivide alcuni temi come il rapporto con la morte, e prima dell’avventurarsi dell’autore tra i vampiri con True Blood e nella new age con Here and Now). In onda dal 2001 al 2005 in cinque stagioni (e in Italia ad orari improponibili tra canali via cavo e in chiaro, bei tempi).
Una serie che è un family drama ma che soprattutto è un drama puro. Racconta dei Fisher, una famiglia di becchini che deve fare i conti con “l’eredità” di famiglia, una volta che il patriarca muore. Un’eredità scomoda per i protagonisti, soprattutto per i figli che magari avevano altri sogni e aspirazioni, e una serie che ha abbattuto parecchi tabù, primo fra tutti quello della morte. La mietitrice viene raccontata davvero sotto tutte le possibili sfaccettature nel serial cult: triste, comica, drammatica, in sospeso, macabra, pericolosa, accogliente. Ogni episodio inizia con una morte, di cui si dovranno occupare i Fisher che la accoglieranno come “cliente” (o meglio, i suoi cari) e da lì vi è una continua riflessione sui temi più universali e ancestrali: tra le righe, tra le azioni dei personaggi e tra i meravigliosi dialoghi, profondi, toccanti, filosofici eppure terra-terra, soprattutto quelli con il padre defunto. Senza dimenticare altre tematiche importanti come quella LGBTQ+ e quella razziale.
Una serie che ha avuto il coraggio di presentare una delle stagioni più drammatiche e pesanti (emotivamente) da seguire in tv, la seconda; dopo quella “è tutto in discesa”, una discesa che è una rocambolesca montagna russa di emozioni. Un serial che è soprattutto un’ode, un omaggio e una celebrazione della vita, attraverso la morte, che non va vista come qualcosa da temere o di cui non si deve parlare.
Nate Fisher, uno dei migliori personaggi seriali mai scritti
Negli anni io non credo di aver mai trovato una serie che mi abbia regalato la stessa complessità di emozioni come Six Feet Under, che mi sia entrata così dentro, che mi abbia fatto stare male come la seconda stagione, che mi abbia regalato un finale altrettanto perfetto e soddisfacente. E che mi ha regalato un personaggio seriale con cui tutti gli altri devono fare i conti. Nate Fisher, meravigliosamente scritto e altrettanto magnificamente interpretato da Peter Krause (tanto che tutti i suoi personaggi successivi mi hanno sempre fatto ripensare a Nate). Un personaggio maledettamente imperfetto, che sbaglia, commette anche azioni molto opinabili, ma che rimane umano nel senso più puro e vero del termine. Perché Six Feet Under è stata questo più di tutto: una serie vera come poche altre, senza fantascientificherie di mezzo dato il tema ultraterreno.
Inutile dire poi quanto gli interpreti siano stati lanciati dalla serie verso altri ruoli: Frances Conroy (American Horror Story tra le tante), il già citato Peter Krause (Parenthood, 9-1-1), Michael C. Hall (Dexter), Lauren Ambrose (Servant), Rachel Griffiths (Brothers & Sisters), Justina Machado (One Day at a Time), Justin Theroux (The Leftovers).
La sigla, che poesia
I crediti di apertura della serie, come spesso capita alla HBO, sono un piccolo gioiellino creativo e visivo. Qui ci addentriamo nei “sei piedi sotto terra” del titolo che sono quelli delle tombe americane nel sottosuolo, e nei dettagli degli strumenti e dei corridoi dell’agenzia di pompe funebri dei Fisher – che mostrano ciò che ci accade dopo la morte, con quella musica accogliente e stridente allo stesso tempo, proprio come la morte, e come tutta la colonna sonora accuratamente scelta dello show.
Il cast
Peter Krause è Nate Fisher
Michael C. Hall è David Fisher
Frances Conroy è Ruth Fisher Sibley
Lauren Ambrose è Claire Fisher
Freddy Rodríguez è Federico Diaz
Mathew St. Patrick è Keith Charles
Rachel Griffiths è Brenda Chenowith