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Storia della mia famiglia, la recensione: un dramedy sincero, commovente e divertente ma troppo compresso

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Preparate i fazzoletti, ad avere il viso rigato di lacrime scoppiando in una fragorosa risata, preparatevi a Storia della mia famiglia, il nuovo dramedy (un po’ dramma, un po’ commedia) in arrivo dal 19 febbraio su Netflix. Una storia che per sua natura è destinata a far commuovere e che, forse, gioca un po’ sulla ricerca della facile emozione, quella stessa critica abusata dai detrattori di quel capolavoro di This is Us.

E proprio alla serie americana che per anni ci ha fatto commuovere e divertire che Storia della mia famiglia strizza tutti e due gli occhi. Ma anche, anzi soprattutto, a Council of Dads dimenticata e dimenticabile serie di NBC volata via il tempo di una stagione, che raccontava proprio di un padre che riuniva una famiglia elettiva per occuparsi dei figli nel momento in cui non ci sarebbe più stato. Non perché si debbano fare dei confronti o supporre dei tentativi di imitazione, quanto per sottolineare l’approccio a una tematica diffusa, contemporanea e che circola nel macro-mondo artistico.

Storia della mia famiglia
Cr. Claudia Sicuranza/Netflix © 2025
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Storia della mia famiglia ha una sensibilità e un gusto per la comicità che è profondamente radicato in Italia, ma ha allo stesso tempo un approccio nella costruzione del racconto che è molto internazionale e americano. Siamo lontani dal classico immaginario della famiglia e dei personaggi cui siamo abituati nella nostra fiction. C’è una freschezza che è raro trovare su Netflix, piattaforma che ci ha abituato a prodotti molto più convenzionali nella presentazione dei personaggi raccontati. Lo stesso Fausto ha tutte le caratteristiche per attrarre la pietas più becera possibile e immaginabile, è malato, un padre single. Ma al tempo stesso non è un personaggio pienamente e profondamente positivo, è ricco di sfumature e conosciamo una figura che ha anche le sue colpe, i suoi difetti, i lati più oscuri.

In questo risiede il senso di verità e freschezza di Storia della Mia famiglia. I personaggi non sono piatti, copie carbone di mille già visti, ma hanno una loro profondità e complessità che ce li fanno sentire più vicini a noi perché più veri. Merito di questo, oltre che della sceneggiatura di Filippo Gravino, va riconosciuto anche agli attori, Eduardo Scarpetta, Vanessa Scalera, Cristiana Dell’Anna, sono il valore aggiunto di questa serie.

Il difetto maggiore di Storia della mia famiglia è la fretta. La serialità ha bisogno di tempo, di far respirare i personaggi e decantare le emozioni, altrimenti non è più serialità ma un film. Se ormai è chiara la tendenza a realizzare prodotti brevi per risparmiare costi e massimizzare i risultati visto i calcoli della piattaforma che premia la serialità più breve, al tempo stesso però quello che una serie come questa restituisce è il senso di fretta. E rischia di diventare una caratteristica di Gravino visto che lo stesso senso di compressione del racconto è emerso anche con ACAB. Succedono troppe cose, troppo in fretta. Questo aspetto non è aiutato anche dal binge-watching perché l’assenza della decantazione settimanale delle storie acuisce la sensazione di rapidità, che un po’ soffoca l’emozione, al contrario travolgente nel primo episodio.

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Storia della mia famiglia è il racconto di una famiglia per scelta, di chi non pensa di essere in grado di fare la madre, il padre, lo zio ma ci si ritrova a esserlo. Quelle famiglie per scelta che si creano lontane dal proprio luogo d’origine, ritrovando la normalità in una città che non è la tua. In questo è interessante la scelta di ambientare la serie in quartieri popolari di Roma pur non tradendo le aspettative di vedere le vie più turistiche. Anche questo aspetto sarebbe potuto essere maggiormente valorizzato con qualche puntata in più, con qualche scena in più di vita normale non cruciali nel quadro complessivo del racconto.

Complessivamente ritengo Storia della mia famiglia la migliore serie originale italiana che Netflix ha fatto finora, sia perché si è staccata dalle convenzioni della fiction generalista, sia perché ha tenuto alla larga il gusto patinato e laccato di certe produzioni.

Summary

Un dramedy autentico e sincero penalizzato dalle poche puntate e da un senso di eccessiva abbondanza di situazioni a discapito di un naturale scorrere della vita

Voto:

7.5/10
7.5/10
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