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Tatami. Una donna in lotta per la libertà – Recensione

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Tatami è il film che racconta un’importante storia vera. Il 13 aprile 2019, la pugile Sadaf Khadem, guadagna una notorietà internazionale diventando la prima donna iraniana a combattere un incontro di boxe professionistica, partecipando a un match contro la francese Anne Chauvin a Royan, in Francia. Un’impresa più che significativa perché il pugilato femminile è vietato in Iran e le donne iraniane non possono partecipare o assistere a eventi sportivi maschili.

Dopo il suo ritorno in patria, Sadaf Khadem ha affrontato feroci critiche e ricevuto minacce per aver infranto le leggi del suo Paese sul pugilato femminile. Tuttavia, ha continuato a essere una figura di spicco nella lotta per i diritti delle donne nello sport in Iran: la sua storia ha suscitato un ampio dibattito sull’emancipazione femminile e sulle restrizioni che molte affrontano in tutto il mondo. Proprio a Sadaf Khadem, si sono ispirati il regista Guy Nattiv e Zar Amir Ebrahimi con il film Tatami, un dramma sportivo ad alto tasso politico che per la prima volta nella storia del cinema vede la co-direzione di un autore iraniano (Ebrahimi) e uno israeliano (Nattiv). Tatami, uscito in sala per una proiezione evento l’8 marzo, è al cinema da oggi, 4 aprile (distribuito da BIM) ed è stato presentato a Venezia 2023 nella sezione Orizzonti senza ottenere premi, nel momento stesso in cui divampava l’eterno conflitto tra Israele e Palestina. 

La trama di Tatami

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Durante i campionati mondiali di judo, la judoka iraniana Leila (Arienne Mandi) e la sua allenatrice Maryam (Zar Amir Ebrahimi) ricevono un ultimatum da parte della Repubblica islamica: Leila deve fingere un infortunio e perdere la gara, ed evitare di scontrarsi con una judoka israeliana, pena l’essere bollata come traditrice dello Stato. Vedendo minacciata la propria libertà e quella della sua famiglia, Leila si trova ad affrontare una scelta impossibile, di cui pagherà le conseguenze e che le comporterà un dolore impossibile da superare.

La situazione in Iran

Ciò che è narrato nel film Tatami avviene perché il governo iraniano esercita gravi abusi dei diritti umani, restrizioni sulla libertà politica, religiosa e sociale (il paese è governato da un sistema teocratico basato sulla Sharia, con il potere concentrato nelle mani dei leader religiosi e delle istituzioni religiose, guidate dal Supremo Leader dell’Iran). Il governo esercita un controllo stretto sui media, bloccando siti web, censurando contenuti online e imprigionando giornalisti e attivisti per i diritti umani che criticano il regime. Le donne in Iran affrontano discriminazioni legali e sociali, inclusi limiti nei diritti di famiglia, nell’occupazione e nell’accesso all’istruzione superiore. Il regime reprime brutalmente qualsiasi forma di dissenso politico, imprigionando attivisti, giornalisti e oppositori politici. 

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La lotta sportiva diventa azione politica

In questo contesto, in balìa di questi soprusi, il film racconta la storia di Leila, con uno sviluppo narrativo lineare e con un ritmo serrato, avvalendosi del pretesto sportivo per raccontare la ferocia del regime liberticida che vige in Iran e la condizione femminile nel paese. Attraverso la dolorosa, progressiva ed evidente ribellione ai limiti e alle imposizioni, tra un combattimento e l’altro, Leila cerca di reagire, senza l’appoggio di nessuno, neanche della sua coach Maryam, vittima anni prima dello stesso ricatto.

In un susseguirsi di immagini in un bianco e nero, a simboleggiare la privazione di tutto, anche del colore, i forti contrasti, i primi piani di Leila dal basso (come fosse ripresa dagli angoli del tappeto del judo), creano nello spettatore un’impazienza impellente di sapere cosa accadrà: nulla ostacola chi osserva a empatizzare con l’atleta, neanche la complessa lingua farsi, che all’apparenza può sembrare respingente, neanche la totale freddezza del racconto, che cadendo a tratti nel didascalico, non risulta mai straziante o troppo melodrammatico. Neanche quando Leila inizia a sanguinare dalla testa, né quando non riesce a respirare, stretta e soffocata da suo hijab, sempre più pesante. 

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La rabbia, il dolore, la ribellione

Nelle prime inquadrature, Tatami ricorda La Haine (L’Odio) di Mathieu Kassovitz: il bianco e nero, la musica hip hop iraniana, il paesaggio urbano. Proseguendo, nel cuore pulsante degli incontri di judo che si susseguono nel corso della pellicola, è impossibile non pensare a Toro Scatenato di Martin Scorsese, ma alla fine dei conti, il carico emotivo che le due protagoniste, Arienne Mandi e Zar Amir Ebrahimi, riescono a conferire alla pellicola, lo rendono un unicum nel genere. Un film arrivato silenziosamente, dalla potenza simbolica inaudita, basti pensare che mentre veniva girato, in Iran scoppiavano le proteste per la morte di Mahsa Amini, la giovane donna morta in circostanze controverse nel settembre 2020 (la sua morte ha attirato l’attenzione internazionale e ha sollevato preoccupazioni riguardo alla violenza contro le donne in Iran e alla risposta delle autorità a tali casi).

Il film racconta una realtà grave e dolorosa, lo fa con rabbia, con estremo realismo, senza lesinare nel mostrare lo stato di terrore in cui è costretto a vivere chi sceglie di saltare nel vuoto e di ribellarsi, di chiudere gli occhi e trovare quel coraggio necessario per riappropriarsi della propria libertà.

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Tatami

Un film arrivato silenziosamente, dalla potenza simbolica inaudita, basti pensare che mentre veniva girato, in Iran scoppiavano le proteste per la morte di Mahsa Amini, la giovane donna morta in circostanze controverse nel settembre 2020

Voto:

7.5/10
7.5/10
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