The Good Mothers è la nuova serie tv originale di Disney+ composta da 6 episodi tutti subito disponibili in streaming mercoledì 5 aprile. Vincitrice del premio come miglior serie alla prima edizione della sezione serie della Berlinale, The Good Mothers è basata sull’omonimo libro non-fiction del giornalista Alex Perry, premiato con il “George Polk award”, e adattato per lo schermo da Stephen Butchard con la regia di Julian Jarrold e di Elisa Amoruso ed è prodotto da House Productions e Wildside una società del gruppo Fremantle.
Al centro della serie ci sono le donne di ‘ndrangheta, figli, moglie, sorelle di criminali che vivono fuori dal mondo, in una realtà che è la nostra anche se vi è lontana anni luce. La serie è ispirata alla vicenda di Lea Garofalo e di sua figlia Denise usate come punto di partenza per tutte le donne di mafia.
The Good Mothers la recensione
Una serie dolorosa, potente e necessaria
La narrazione televisiva e cinematografica italiana ci ha abituati a storie sulla mafia e sulla criminalità organizzata esclusivamente al maschile, in cui spesso la violenza viene esaltata e i personaggi di boss e criminali addirittura in alcune circostanze mitizzati. The Good Mothers, fra i tanti pregi, vanta quello di quello di introdurre un punto di vista inedito e necessario, quello femminile, su un tema purtroppo sempre attuale come quello del destino delle donne di mafia e di ‘ndrangheta che “osano” ribellarsi alle proprie famiglie. La ’ndrangheta, una delle cosche mafiose con meno pentiti in assoluto, è un fenomeno criminale dilagante non soltanto in Calabria, ma anche nel resto d’Italia e in tutto il mondo.
Le donne della ‘ndrangheta sono mogli, madri, sorelle e figlie e sono invisibili, fragili, incapaci di fuggire alle dinamiche a loro imposte dalla famiglia e dalla comunità, dal sistema patriarcale dominante e dal contesto culturale ed educativo in cui sono cresciute. Donne diventate madri troppo presto, che non hanno avuto la possibilità di poter decidere della propria sorte, rinchiuse tra le mura domestiche, dimenticate da tutti. Alcune di queste donne, più coraggiose di altre, hanno deciso di rinunciare alla propria identità pur di denunciare soprusi e abusi, costrette a vivere guardandosi le spalle per difendere loro stesse e la loro vita, in preda a un pericolo sempre incombente. Donne oppresse da mariti criminali e da una violenza strisciante, omertosa, silenziosa, oppresse dai tentacoli della ‘ndrangheta all’interno delle loro famiglie, le stesse famiglie che nella maggior dei casi – se non in tutti – provano ogni strategia per non farle collaborare con la giustizia.
Una giustizia, che spesso, volta loro le spalle, lasciandole sole, indifese, abbandonate. The Good Mothers è una serie potente, che tenta disperatamente di onorare queste donne e di infondere coraggio e forza a tutte quelle ancora prigioniere, a quelle che non ce l’hanno fatta, a quelle dimenticate. Superato il primo episodio, questa serie vi guiderà in storie dolorose e respingenti ma, come abbiamo detto all’inizio, necessarie: è una serie violacea, come i lividi inferti; minacciosa, come la fotografia buia e “umida” che entra quasi nelle ossa; angosciante, come la musica che fa da colonna sonora, una ninna nanna incessante, che getta un’ombra oscura sul passato, presente e futuro delle vittime della ‘ndrangheta.Voto 8 – Giorgia Di Stefano
Un racconto misurato e necessario
The Good Mothers non è una serie scintillante e spettacolare, che colpisce e stupisce ma un prodotto misurato e necessario per il tema che tratta e la modalità in cui riesce a farlo. Disney+ come ha già dimostrato con Le Fate Ignoranti, nelle sue produzioni originali ricalca lo stile della televisione generalista, ma rigenerato per un pubblico moderno. La serie è lineare nella sua costruzione, talvolta anche rigida nell’impostazione e nel montaggio, proprio per non far distrarre lo spettatore. Bisogna seguire la vicenda cruda e diretta entrandone nel vivo.
Anche la recitazione è misurata, a sorprendere è l’interpretazione di Valentina Bellè nei panni di Giuseppina, una donna calabrese figlia, sorella e moglie di ‘ndrangheta ma orgogliosa e desiderosa di avere una propria dignità. Si conferma Andrea Dodero dopo Blocco 181, così come Barbara Chichiarelli ormai incastrata nei ruoli di esponente delle forze dell’ordine dopo Bang Bang Baby e Corpo Libero. Raccontando una storia contemporanea, fa riflettere su una parte di mondo che fingiamo non esista, sempre concentrati sulla realtà cittadina, sulla vita moderna. Una serie profondamente europea, italiana, nello stile e nell’impostazione tra impegno civile e umanità. Voto 7.5 Riccardo Cristilli
Le mafia story continuano… con un punto di vista inedito
Le mafia story continuano nel Belpaese… che non è più così bello, se pensiamo che realtà come quella di The Good Mothers esistono davvero, le abbiamo dietro casa, eppure facciamo finta di non vederle. Tanto più che quella di Lea Garofalo è una storia drammaticamente vera. Un gangster drama che segue gli stilemi del genere pur raccontando un punto di vista inedito: quello delle invisibili, delle donne della ‘ndrangheta troppo frequentemente tenute sotto silenzio e ritenute poco determinanti.
Colpiscono tra tutte soprattutto le interpretazioni di Francesco Colella (trasformista, pensiamo a Petra 2, e villain mefistofelico, pensiamo a Christian) e Valentina Bellè, che ha fatto un lavoro incredibile, accento compreso, per trasformarsi in Giuseppina, un’altra donna che è stufa di stare zitta e che vorrebbe essere ascoltata: non importerà da chi, pur se fosse la Legge, che potrebbe cambiare tutto. Voto 6.5 Federico Vascotto
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Riccardo Cristilli - 7.5/10
7.5/10
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Federico Vascotto - 6.5/10
6.5/10
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Giorgia Di Stefano - 8/10
8/10
La recensione
Lineare e talvolta scolastica, The Good Mothers ha il pregio di raccontare una storia forte e importante senza mai eccedere ma restando fedele alla propria natura. Un gangster drama che segue gli stilemi del genere pur raccontando un punto di vista inedito. Superato il primo episodio, questa serie vi guiderà in storie dolorose e respingenti ma, come abbiamo detto all’inizio, necessarie: è una serie violacea, come i lividi inferti
Voto:
7.3/10