Quante vite hanno i protagonisti di The Last of Us? In ogni videogame che si rispetti i personaggi hanno vite da “sacrificare” fino al game over che costringe di ripartire dall’ultimo livello salvato. Realizzare l’adattamento di un videogame molto famo e molto amato dai fan è una materia sempre molto complessa e non è un caso che HBO abbia deciso di affiancare a Craig Manzin, autore del magnifico Chernobyl, Neil Druckmann creatore del gioco, con Playstation e Word Games, The Mighty Mint, e Naughty Dog tra i produttori. Un modo per mettere le mani avanti su ogni possibile critica preventiva e non solo da parte dei fan.
Fan che, al di là di qualche timida protesta per il cambio con cui si diffonde il fungo virus che nel videogame è attraverso spore costringendo i personaggi a indossare sempre maschere e nella serie è con dei tentacoli anche visivamente più efficaci, hanno reagito in modo positivo alle prime immagini. Ma anche le tante recensioni che arrivano da tutto il mondo in anteprima (HBO e Sky hanno concesso ai giornalisti tutti gli episodi in anticipo) risultano positive.
La recensione di chi non ha mai giocato a The Last of Us
Partiamo da una premessa: non sono un videogiocatore, non ho mai giocato a Last of Us, non conosco queste tipologie di gioco e non amo particolarmente le storie di sopravvivenza estrema al limite del soprannaturale. Questo per dire come l’approccio al prodotto The Last of Us sia stato vergine al netto delle notizie e delle informazioni lette in questi mesi. Proprio per questo The Last of Us è un prodotto convincente, ben fatto come nella tradizione di HBO, che si inserisce in quel filone di ricerca di una certa tipologia di pubblico popolare che il canale cable pay ha iniziato a intraprendere dall’epoca di True Blood e Game of Thrones. L’obiettivo è rendere d’autore dei generi popolari infarcendoli di sovrastrutture di altro genere: romantiche, politiche, sociali.
L’operazione prosegue con The Last of Us che porterà a HBO e HBO Max in streaming pubblico che magari non si è appassionato alle dinamiche umane di The White Lotus. Il tentativo di trasformare un videogame considerato d’autore in una serie d’autore funziona, grazie al gusto di Craig Menzin che soprattutto nelle prime due puntate, sembra rimandare alle atmosfere cupe e decadenti di Chernobyl. Al tempo stesso, però The Last of Us non riesce a uscire dall’inevitabile gabbia dei livelli da videogioco. Quando il viaggio di Ellie e Joel, interpretati in modo sublime da Bella Ramsey e Pedro Pascal, inizia la coppia attraversando gli Stati Uniti incontra svariati personaggi, che possono essere nemici da combattere o amici che offrono supporto. In entrambi i casi nel giro di un episodio o poco più spariranno perchè il viaggio solitario della coppia deve proseguire.
Il magnifico terzo episodio di The Last of Us
Non è un caso che l’episodio migliore della prima stagione sia il terzo, in cui si racconta la storia parallela di due personaggi sulla cui strada finiscono Ella e Joel. Seguiamo la fine del mondo attraverso gli occhi di un survivalista interpretato da Nick Offerman che ha costruito un proprio fortino iper protetto in cui fa breccia il personaggio di Murray Bartlett. L’improbabile dolce e romantica storia, in un mondo folle, nata e cresciuta nonostante tutte le avversità, è la perfetta testimonianza della necessità di salvare l’umanità nonostante tutto, nonostante tutti.
Ellie e Joel
Le diverse sfumature dell’umanità sono quelle che Ellie e Joel incontrano la loro strada, mentre cercano di raggiungere quella località in cui le “farfalle” l’ultimo baluardo di resistenza contro la dittatura fascista che gestisce le città fortificate degli Stati Uniti, potrebbero trovare una cura per quest’epidemia grazie all’immune Ellie. Sette religiose, città che si sono ribellate alla dittatura, svariata umanità che cerca di sopravvivere in un mondo che non esiste più. Il perenne rimpianto per un mondo scomparso, percorre tutti i diversi personaggi. Al contrario Ellie incarna la riscoperta delle semplici cose di un mondo perduto che non ha mai conosciuto.
Il dolore che Ellie e Joel hanno vissuto prima di incontrarsi è il collante che li tiene uniti, un rapporto che va oltre quello tra un padre e una figlia, più scorretto e più vicendevolmente protettivo. Due amici che si prendono cura l’uno dell’altra cercando di trovare una speranza in un mondo che ne è privo. Se la componente emotiva, la costruzione dei personaggi è il punto di forza della sceneggiatura di The Last of Us, le scene d’azione e le loro conseguenze risultano più deficitarie.
La dipendenza dal videogame
In particolare appaiono troppo dipendenti dall’elemento videoludico. Mancano alcuni elementi di raccordo che aiutino a capire il come, il cosa, il chi soprattutto in alcuni passaggi tra le puntate. C’è una perfezione dell’action, delle sparatorie, del modo di agire dei personaggi che risulta troppo programmata e poco scritta.
Quel tentativo iniziale di rinnovare la dinamica simil-zombie colorandola di umanità, quell’idea di allargare la platea della serie oltre agli appassionati di videogame, si perde con il passare degli episodi. The Last of Us preferisce concentrarsi sulla ricerca dell’emozione, tralasciando uno sguardo più globale, più politico che avrebbe sicuramente reso più unica la serie. Ma chissà che non ci pensi una seconda stagione a compensare questo aspetto.
Così come sarebbe interessante vedere una serie in cui si racconta come crolla l’umanità e come nascono queste istituzioni fasciste che controllano le città, come rinasce uno stato in un mondo distrutto. Un aspetto che avrebbe allontanato la serie dal videogame ma anche dal genere “survival drama” e che forse è stato volutamente evitato da HBO affiancando a Craig Manzin il creatore del videogame.
The Last of Us è in onda su HBO dal 15 gennaio composta da 9 episodi con rilascio settimanale, in Italia è su Sky on demand in contemporanea alle 3:00 del mattino in versione originale con sottotitoli riproposta anche su Sky Atlantic in prima serata e in streaming su NOW. Dal 23 gennaio la serie arriva doppiata alle 21:15 su Sky Atlantic seguita dall’episodio successivo in lingua originale.
La recensione
The Last of Us è il tentativo di HBO di portare il videogame nel mondo della serialità d’autore. La sceneggiatura resta troppo ancorata ai livelli del gioco con scenari che cambiano e personaggi diversi. Il pregio della serie sta nella ricerca dell’umanità in un mondo distrutto. Il terzo episodio è un gioiello.
Voto:
7/10