Tyler Perry è sempre stato prolifico, ma quest’anno si è superato: nel 2024 ha scritto, diretto e prodotto ben tre film (ve lo ricordate Mea culpa?). The Six Triple Eight, sicuramente il più ambizioso della tripletta, racconta la storia vera e troppo a lungo trascurata dell’omonimo battaglione durante la seconda guerra mondiale, l’unico interamente composto da donne afroamericane inviato in Europa. Il film, dopo un rilascio limitato nelle sale statunitensi all’inizio del mese, è uscito su Netflix questo 20 dicembre, conquistandosi una solida posizione a metà della top ten per tutto il periodo delle feste.
L’eroismo oltre il fronte
Philadelphia, seconda guerra mondiale. Lena è una ragazza afroamericana brillante e dalle prospettive migliori di tante altre. Quando Abram, il ragazzo di cui è innamorata e da cui è ricambiata, muore al fronte, Lena decide però di rinunciare a tutto e arruolarsi per servire il proprio paese. Viene assegnata all’6888° battaglione, chiamato da tutti il Six Triple Eight, interamente composto da donne afroamericane, ed inizia un durissimo addestramento sotto il maggiore Charity Adams.
Perché la Adams sa che i suoi soldati saranno doppiamente vittime di pregiudizio: come donne e come afroamericane — e quindi non permette loro di essere altro che perfette. E, poi, a sorpresa, giunge la chiamata: il Six Triple Eight viene mandato nella zona di combattimento, in Europa, con il compito ingrato e apparentemente impossibile di recapitare 17 milioni di lettere in soli sei mesi. Perché senza il vitale collegamento con le proprie famiglie, il morale è fra i soldati è a terra, e la vittoria sembra impossibile…
A cosa serve un film di guerra?
La storia raccontata da The Six Triple Eight è una di quelle narrative di eroismo rimaste sepolte per troppo tempo, vuoi perché le sue protagoniste sono donne non bianche, vuoi perché lo smistamento della posta assomiglia meno all’immagine dell’eroismo delle armi a cui ci hanno abituati da bambini. È uno degli aspetti migliori del vivere nell’attuale clima cinematografico, interessato a narrative diverse fra loro e da quelle con cui siamo cresciuti. Anche perché questa storia è raccontata in maniera perlomeno competente, per quanto un po’ formulaica.
Dove questo meccanismo si inceppa è nel fatto che The Six Triple Eight è anche un film che si fa zero domande sulla guerra e sui suoi impatti su persone e società, presentandoci la più trita delle narrative patria-coraggio-eroismo. E alle porte del 2025, con un clima internazionale sempre più teso, non sono sicuro che sia quello che desidero da un film di guerra interessante. Da un film che mette al centro una prospettiva non tradizionale mi aspetto qualcosa che sappia gettare sul mondo una prospettiva altrettanto non tradizionale, non una retorica nazionale che è la stessa dagli anni cinquanta. Peccato.
Il cast
Kerry Washington è il maggiore Charity Adams, ufficiale a capo del Six Triple Eight. Ebony Obsidian è Lena Derricott Bell King, una ragazza afroamericata che si arruola dopo la morte del ragazzo che ama, mentre Shanice Shantay è Jhonnie Mae, un’altra arruolata che viene dagli stati del Sud. Dean Norris è il Generale Halt che non ha alcuna fiducia nel battaglione. Nel film anche Oprah Winfrey nel ruolo dell’attivista afroamericana Mary McLeod Bethune e Susan Sarandon in quello di Eleanor Roosevelt.
La recensione
Un episodio affascinante narrato in maniera competente (se anche un po’ formulaica), The Six Triple Eight perde il suo impatto perché sembra presentare una prospettiva non tradizionale, ma la usa per portare avanti una retorica nazionale sulla guerra che è la stessa dagli anni 50. Peccato.
Voto:
5.5/10