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The White Lotus 3, oltre la perfezione estetica la magia è svanita

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La terza stagione di The White Lotus ha debuttato su HBO e MAX domenica 16 febbraio e su Sky e NOW lunedì 17 febbraio con il classico appuntamento settimanale. In questa stagione le puntate sono 8 una in più rispetto alla precedente e due in più rispetto alla prima storica stagione. Erano necessarie? Probabilmente no anche perché le 6 lunghe puntate da un’ora che ci hanno fatto vedere in anteprima, erano facilmente condensabili (in particolare la quinta ha lunghi momenti che sembrano fatti solo per riempire).

Nata in era pandemica con la scusa di realizzare un prodotto riunendo gli attori e lo staff in un unico luogo come erano le Hawaii, così da evitare contaminazioni e trasferte, The White Lotus si è dimostrata da subito un successo di pubblico e critica. Così quello che doveva essere un appuntamento “one shot” si è trasformato in una serie tv semi-antologica, visti i richiami tra le stagioni, già rinnovata per un quarto capitolo (che potrebbe tornare in Europa dopo i fasti siciliani della seconda stagione), perdendo però tutta la sua forza dirompente e innovativa.

The White Lotus 3

The White Lotus si è normalizzato nella ripetizione di una formula. Nessuno mette in dubbio l’altissima qualità estetica e visiva di una serie capace di valorizzare le realtà che sceglie di visitare, pur partendo da non luoghi come resort e yacht che potrebbero essere ovunque, arrivati al terzo giro di giostra la sensazione di deja vu è inevitabile. Mike White ha preso la settimana di vacanza dei ricchi bianchi per lo più americani e li ha trasportati con gli stessi riferimenti in giro per il mondo. Come in una lista della spesa ha messo il vanesio, il tormentato, il problematico, l’imbranato, l’imbarazzato e li ha inseriti ogni volta in situazioni diverse e con attori diversi.

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Tutti ovviamente bravi. Probabilmente Mike White e HBO hanno la fila di agenti e attori stessi che bussano alle loro porte per far parte della prossima stagione non solo per le settimane di vacanze lavorative in location da sogno, ma anche per le nomination che spesso derivano da questa serie. Nessuno ha intenzione di criticare le interpretazioni di Jason Isaacs, Walton Goggins, Carrie Coon, Parker Posey (decisamente i migliori), ma anche di Patrick Scwharzenegger, Sam Nivola (anche se l’adolescente timido e tormentato lo potrà fare un altro paio di volte poi è ora di cambiare), Leslie Bibb (un ruolo un po’ troppo simile a Sex Education). Però complessivamente siamo di fronte a personaggi già visti e non in altre serie ma proprio nella stessa serie.

Oltre la perfezione estetica la magia si è incagliata. Anche quella vena sarcastica che caratterizzava le prime due stagioni, qui è andata sostanzialmente perduta sotto la normalizzazione. Perché l’ironia nasceva dalle reazioni del personale della struttura rispetto alle esagerazioni, alle follie degli ospiti. In questa terza stagione lo staff locale è relegato a storyline parallele e l’unico che interagisce di più con gli ospiti è…russo.

The White Lotus è una brutta serie quindi? No ma è una serie che ha ormai perso lo slancio del passato, che sorprende in negativo per la voglia di rimanere ancorati a quanto già fatto cambiando soltanto la location. Se la prima stagione giocava sulla ricchezza e il potere e la seconda sul sesso, questa terza punta sulla meditazione ma preferisce poi concentrarsi sugli eccessi e le feste da vacanze pop da resort.

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Summary

Il terzo capitolo di The White Lotus rappresenta una normalizzazione del format. Esteticamente impeccabile, recitata benissimo dai suoi attori, la serie si rifugia nella comfort zone di situazioni e scene già viste e ogni tanto tende a dilungarsi troppo. Avrebbe bisogno di una scossa

Voto:

6.5/10
6.5/10
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