Un Gentiluomo a Mosca è la miniserie in otto episodi con Ewan McGregor disponibile su Paramount+ in Italia da venerdì 17 maggio con tutti gli episodi in modalità binge watching. Adattamento del romanzo di Amor Towles, è prodotta da Lionsgate Television in associazione con Paramount e creata da Ben Vanstone. Ma com’è questa nuova miniserie?
L’unica risposta possibile è “dipende” (“da che depende” direbbe Manu Chao). Dipende dalla voglia dello spettatore abbonato a Paramount+ (anche chi ce l’ha incluso con Sky Cinema) di immergersi in un racconto raffinato ed elegante, curioso e divertente ma sicuramente non particolarmente avvincente. Ma dipende anche da quanto siate appassionati di Ewan McGregor che si concede un giocattolino in cui mostrare ancora una volta tutto il suo estro e la sua capacità attoriale puntando diretto verso una nomination ai vari premi (per la vittoria è sicuramente più difficile). E dipende dalla vostra passione verso queste storie che si archiviano nell’arco di un paio di giorni finendo poi in un cassetto della memoria.
Sicuramente non siamo dalle parti di un capolavoro imperdibile o della serie che farà discutere il pubblico fuori e dentro i social come è stato con Baby Reindeer, giusto per citare uno dei casi più recenti. Siamo più dalle parti di quelle sceneggiature che sarebbero potute essere tranquillamente dei film, ma oggi soggetti come questi finiscono per non trovare il giusto budget e interesse dai produttori, mentre in tv c’è (ma forse ancora per poco) più spazio per realizzarli, soprattutto quando ci sono dei nomi importanti coinvolti, spendibili mediaticamente (interviste, presentazioni ecc.).
Un Gentiluomo a Mosca ci racconta la storia del conte Rostov, che torna da Parigi nella Russia post rivoluzionaria nel 1921 e viene arrestato e condannato a rimanere all’interno dell’Hotel Metropol, confinato in una stanza spoglia in mansarda ma con la possibilità di girare per l’albergo e usufruire dei servizi dal ristorante alle sale comuni. L’unico suo limite sono le porte dell’hotel: se decidesse di varcarle verrebbe giustiziato.
Apparentemente sempre ottimista e distratto rispetto a tutto quello che gli ruota intorno, il conte Rostov mostra una profonda sensibilità e nostalgia per il mondo che si è lasciato alle spalle, per la vita, gli amici e gli affetti di un tempo. Gli incontri con la piccola Nina con cui può ricordare i fasti dell’antica nobiltà soddisfacendone le curiosità o con l’attrice Anna Urbanova (Mary Elizabeth Winstead) rappresentano un modo per sentirsi vivo e soprattutto per dare movimento a una storia dal respiro fin troppo claustrofobico.
Come ha raccontato Ewan McGregor nelle interviste di presentazione, la miniserie è entrata in produzione prima dell’invasione russa dell’Ucraina. La storia del Conte Rostov è una complicata riflessione sulla rivoluzione russa, sui regimi e sull’estremizzazione dei comportamenti. Quella spinta rivoluzionaria e anti-casta che diventa persecuzione e travalica nell’omicidio e nella violenza, finendo per tradire quel popolo che si voleva difendere. Il conte Rostov rappresenta quel mondo che non c’è più, quell’aristocrazia che campava su benefici e interessi acquisiti nel tempo e che non ha mai lavorato, alimentando la rabbia e la diffidenza di chi invece era costretto a sopportare angherie e soprusi per farli vivere nel lusso. Ma isolato nell’albergo Rostov è un uomo mite, triste, solitario, cui è impossibile voler male.
Il mondo esterno entra nell’Hotel Metropol attraverso i vari ospiti che vi entrano ma manca nella serie una riflessione più profonda sul contesto storico. Non era l’obiettivo, certo, ma parlando di fatti realmente accaduti, a differenza della satira di The Regime ambientata in un universo parallelo inesistente, forse sarebbe stato interessante avere uno sguardo maggiore sulla situazione russa e mondiale e vederne ancor di più l’impatto su Rostov. Un prodotto ben fatto, curato, un personaggio godibile e una storia piacevole ma con poco mordente.
Un Gentiluomo a Mosca
Un Gentiluomo a Mosca è una serie curata, ben fatta, ben recitata da Ewan McGregor ma che finisce per lasciarti la sensazione che sarebbe bastato meno, magari un film, magari qualche puntata in meno per raccontare la stessa cosa. Una miniserie non necessaria e che se non la finisce in tempi brevi rischi di lasciare appesa.
Voto:
6.5/10